mercoledì 30 giugno 2010

Contro le trivellazioni petrolifere tra l'Elba e Montecristo

Campo nell’Elba, centro-sinistra e centro-destra uniti contro le trivellazioni petrolifere offshore
da http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=5586&mod=greentoscana
CAMPO NELL'ELBA (LIVORNO). Dopo l'allarme lanciato da Legambiente Arcipelago Toscano il gruppo consiliare Alleanza per Campo (centro-sinistra) ha presentato un ordine del giorno da discutere nel prossimo consiglio comunale contro le trivellazioni petrolifere tra l'Elba e Montecristo. Nel testo si legge che il Consiglio Comunale di Campo nell'Elba «Constatata la volontà della multinazionale Australiana Key Petroleum di fare sondaggi nel mare a sud dell'Isola d'Elba, in una zona da iscriversi dal largo delle coste meridionali dell'Isola d'Elba fino a Montecristo (includendo molto probabilmente il mare protetto di Pianosa), per la ricerca petrolifera e di gas naturale. Preso atto delle considerazioni espresse in materia, attraverso gli organi di stampa, dall'Assessore Regionale Anna Rita Bramerini, dal Presidente del Parco Mario Tozzi, dal responsabile Isole Minore Umberto Mazzantini ed infine dal Ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo unanimi nell'affermare la piena contrarietà all'operazione di ricerca petrolifera. Ricordato l'O.d.G. presentato dal collega consigliere comunale Tiberto Yuri in merito al blocco della navigazione di navi di grosso tonnellaggio al largo delle acque di Pianosa ed al pericolo di inquinamento ambientale che, nel caso odierno, sembra riproporsi con maggiore gravità. Considerato che nessun altra istituzione se non il Governo Nazionale può intervenire in merito al progetto della multinazionale Key Petroleum. Ricordato che il turismo, fonte economica principale della nostra economia, sta attraversando un lungo periodo di crisi e che l'idea di instaurare una qualunque stazione di estrazione di gas e petrolio danneggerebbe drasticamente l'immagine delle isole (Elba, Montecristo, Pianosa) e dell'intero arcipelago. Tutto ciò premesso. Chiede al Governo della Repubblica italiana, attraverso atto ufficiale, di impedire qualsiasi attività di trivellazione di ricerca petrolifera e/o gassosa al largo delle coste dell'Isola d'Elba, di Pianosa e di Montecristo. L'ordine del giorno sarà inoltrato alle altre sette amministrazioni comunali presenti sull'Isola d'Elba, all'Unione di Comuni, Provincia di Livorno, Provincia di Grosseto, Regione Toscana ed al Parlamento della Repubblica Italiana.

Sulla questione interviene subito il consigliere del centro-destra Yuri tiberto, delegato del Comune di Campo nell'Elba per la tutela ambientale, del mare e delle coste: «Leggo con grande piacere l'Ordine del Giorno proposto dai Colleghi del gruppo di minoranza di Alleanza per Campo al Consiglio Comunale riguardante la richiesta al Governo di impedire l'ipotizzata trivellazione petrolifera del nostro mare. E' purtroppo evidente che di fronte al "dio denaro" qualunque altra logica sembra sempre passare in secondo piano: un'area protetta internazionale come il Santuario dei Cetacei, due isole sottoposte a vincoli ambientali di massimo livello come Pianosa e Montecristo, e l'intera economia di una comunità che vive di turismo come quella elbana non possono essere continuamente sottoposte all'assalto, vero o presunto che sia, di operazioni che non solo comportano un altissimo rischio di inquinamento, ma che se per qualche malaugurata "disattenzione" dovessero incorrere in un banale "incidente", porterebbero conseguenze gravissime se non addirittura permanenti. Non più tardi di ieri pomeriggio, durante il Consiglio Direttivo del Parco Nazionale, ho io stesso sollecitato una ferma presa di posizione al riguardo da parte dell'Ente, e non solo a firma del Presidente Tozzi, ma nel suo complesso, fatto di professori, tecnici e ambientalisti, ma anche di rappresentanti della gente e del territorio, che indipendentemente dalle diverse visioni politiche e filosofiche sono tutti ben consapevoli di quanto sia importante difendere le nostre terre, le nostre coste e il nostro mare: già nel prossimo Consiglio, conto pertanto sull'approvazione di una mozione in tal senso anche da parte del PNAT: se anche il nostro "peso politico" non sembra sia stato finora troppo consistente, è chiaro che più lettere protocollate giungeranno a Roma, più ci mostreremo uniti e decisi, e più possibilità ci saranno di farci ascoltare. Tornando a Campo, anche a nome del sindaco Segnini e della Giunta, non solo accolgo pertanto con grande favore la mozione presentata da Alleanza per Campo, ma preannuncio anche che alla prima occasione utile l'Amministrazione proporrà un documento che con assoluta fermezza dichiari la totale indisponibilità del Comune a qualunque ipotesi di installazione nucleare a Pianosa: indipendentemente dai diversi atteggiamenti politici dei singoli consiglieri riguardo all'opportunità o meno dell'utilizzo dell'energia atomica, appare del tutto evidente che, se anche dovessero essere realizzate delle centrali, certamente non potrebbero essere posizionate su di un'isola che non solo è integralmente protetta a livello ambientale da leggi nazionali ed europee, ma che è situata a poche miglia di distanza dalla terza isola italiana, dove vivono o soggiornano decine di migliaia di persone che in caso di pericolo o anche solo di ipotetico allarme non potrebbero in nessun caso venire opportunamente tutelate ed evacuate in tempi brevi».

martedì 29 giugno 2010

Un ricordo di Enzo Tiezzi

da http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=5589&mod=greentoscana

Enzo ha lasciato Arancia Blu

Enrico Falqui

"Lo splendore dell'amicizia
non è la mano tesa
né il sorriso gentile
né la gioia della compagnia
è l'ispirazione spirituale
quando scopriamo
che qualcuno crede in noi
ed è disposto a fidarsi di noi."

( R. W. Emerson, in May Day,
1867, Concorde,USA)

C'è una straordinaria similitudine tra la vita di una delle figure centrali della cultura americana, Ralph Emerson e quella di Enzo Tiezzi, mio maestro e padre dell'ambientalismo italiano, spentosi pochi giorni fa nella sua fattoria di Pacina (Castelnuovo Berardenga)
La chiave di questa similitudine sta nella loro straordinaria dimensione spirituale che ha accompagnato le loro così diversissime esistenze, uomo dell'800, ministro della Chiesa Unitaria e fondatore della filosofia del trascendentalismo, il primo, uomo del Novecento, ateo e fondatore di una delle più importanti scuole internazionali di chimica-fisica, nel campo delle possibili applicazioni della Risonanza magnetica nucleare in medicina.

Enzo Tiezzi è stato per tutta la sua vita un "innovatore", un vero e proprio scienziato del Rinascimento, (come qualcuno lo ha definito) uno straordinario interprete delle applicazioni sociali della Scienza, dotato di quella raffinata ed unica capacità di "precursore"in tutti i campi di ricerca nei quali si è misurato, coinvolgendo in questa instancabile attività un'enorme quantità di giovani, di intellettuali prestigiosi, di pubblici amministratori.

Con le lacrime che solcano il mio viso, mentre scrivo, lo rivedo intorno al "tavolo" della sua splendida fattoria di Pacina, circondato da una "squadra" di amici, per molti anni inseparabili, quali, Antonio Cederna, Laura Conti, Fabrizio Giovenale, Marcello Cini, Chicco Testa, Ermete Realacci, Mercedes Bresso, Carla Ravaioli, Paolo degli Espinosa, Gianni Mattioli, Massimo Scalia, Giuliano Cannata, Walter Ganapini, Virginio Bettini.

Di questi memorabili incontri, allietati sempre dai vini e dai cibi prelibati preparati con sapiente gusto "contadino" nelle cucine della sua fattoria, Enzo Tiezzi fu l'instancabile animatore durante la seconda metà degli anni '70. Dalle idee ed utopie concrete discusse intorno al "tavolo" di Pacina sarebbe sorto in tutte le regioni italiane, di li a poco, un agguerrito movimento ambientalista che seppe opporsi con successo alla strategia dell'Ente elettrico italiano (ENEL) di produrre energia elettrica utilizzando solo le fonti fossili ed il nucleare civile da fissione.

Gli anni trascorsi negli Stati Uniti, tra il 1966 e il 1967, presso il Center for the Biology of Natural Systems, permisero a Enzo Tiezzi di stabilire una proficua collaborazione col suo eminente Direttore, Barry Commoner, il cui primo saggio letterario "The Closing Circle" (Il cerchio da chiudere) diventerà nel 1972 il primo "best seller" europeo sulla nascente teoria ecologica contemporanea.
Da questo momento in poi, Enzo capisce , prima di tutti gli scienziati ed intellettuali periodicamente riuniti a Pacina, che il monito lanciato a Washington nel 1962 dalla celebre biologa americana, Rachel Carson (La primavera silenziosa), sui rischi ecologici planetari, connessi all'utilizzazione intensiva dei pesticidi in agricoltura, mettevano in discussione non solo la dimensione "quantitativa" dello sviluppo contemporaneo, bensì i diversi paradigmi scientifico-culturali sui quali si erano costruite le tecnologie moderne applicate allo sviluppo economico e territoriale.

Tiezzi aveva individuato il nucleo della crisi ambientale globale proprio nella differenza tra i velocissimi tempi della tecnologia e i lentissimi tempi della biologia; si trattava di una formidabile intuizione scientifica che sottolineava l'inversione tra la scala dei Tempi Storici e quella dei tempi biologici, a causa degli squilibri e della crescita incontrollata provocata dall'attività umana a partire dagli anni 50 in poi.

Il suo più celebre libro porta il "marchio" di quest'idea precursore dei tempi: Tempi Storici, Tempi Biologici (Ed Garzanti) esce nel 1987, alla vigilia del referendum sull'uso del nucleare civile in Italia e del terribile incidente avvenuto in Russia presso il reattore nucleare di Chernobyl.

Sono gli anni di maggiore influenza del movimento ambientalista italiano, forgiato intorno alle idee e agli obiettivi del "Tavolo di Pacina"; la cultura ambientalista si diffonde in ogni angolo del Bel paese ed Enzo Tiezzi viene a contatto con milioni di cittadini, ai quali spiega sempre con pazienza che la Terra non possiede le capacità per sopportare uno sviluppo economico fondato sul mito Prometeico della Tecnologia e sull'espansione incontrollata dell'industrializzazione e dell'urbanizzazione.

Parla di energie rinnovabili e di tecnologie dolci, mostrando sempre all'auditorio che lo ascolta in religioso silenzio, un fiore giallo di topinambur (helianthus tuberosus), che, in autunno ricopre gli argini dei fossi, pianta perenne, simbolo perfetto del connubio tra efficienza ecologica e produttività agronomica.

Questo costante impegno civile, nella società italiana, lo porta ad essere eletto, in quegli anni, in Parlamento nella X legislatura, come deputato nella Sinistra Indipendente.
Enzo era, tuttavia, personaggio "scomodo" per il potere politico in un'epoca nella quale stavano già emergendo i primi sintomi di quella "malaria affaristica" che porterà alla decapitazione del sistema dei partiti della Prima repubblica (1992).
Da quell'esperienza se ne fuggì dopo poco, pronto a investire le sue energie in nuove e più ambiziose mete.

Nel gennaio del 1990 fonda la rivista "Arancia Blu", che viene pubblicata mensilmente dalla Casa editrice del Manifesto, il cui successo fa capire che è definitivamente tramontato il mito dello sviluppo illimitato in una vasta area dell'opinione pubblica di sinistra in Italia e che il tema centrale di un "modello alternativo" per lo sviluppo doveva fondarsi sui principi e sugli obiettivi che Enzo Tiezzi, insieme ai suoi "cavalieri della Tavola Rotonda", aveva contribuito a creare in un decennio denso di iniziativa culturali, sociali e politiche.

Nel decennio successivo (1990-2000), Enzo Tiezzi viene riconosciuto scienziato di fama internazionale; riceve la laurea "honoris causa" presso le Università di Alma Ata e dello Sri Lanka (1997), viene insignito del titolo di "Eminent Scientist Award"presso il prestigioso Wesses Institut of Technology of Great Britain (2003).

Anche il "tavolo di Pacina" cambia ospiti e commensali; nella fattoria incastonata nello splendido paesaggio senese, arrivano personaggi illustri quali Howard Odum, Ilya Prigogine, Nicholas Georgescu-Rogen, Herman Daly e Sven Jorgensen che discutono con lui di nuovi ed altrettanti innovativi campi di ricerca, quali quelli che riguardano il rapporto tra Tempo e Natura, i processi teorici delle scienze evolutive e fisiche, i caratteri e le proprietà di uno sviluppo sostenibile, a misura d'uomo.

Nel 2006, una sua intervista viene inserita nella Mostra internazionale "Les Yeux ouverts. Stock exchange visions" e ospitata presso il Centro Pompidou a Parigi, alla triennale di Milano e all'Arts festival di Shangai: si tratta di un set di interviste fatte ai 16 intellettuali del mondo accreditati e scelti per dare una "visione del mondo al futuro".

Di questo riconoscimento avuto, tra gli innumerevoli ricevuti nel corso degli ultimi dieci anni di vita, Enzo era particolarmente orgoglioso e lo annunciava solo ai pochi amici di cui si fidava totalmente.
Una straordinaria serie di mostre di fotografie, da lui scattate e selezionate nel corso di tutta la sua vita, esposte presso il Museo di Arte moderna e contemporanea a Bologna e a Siena (2007), avevano preannunciato l'inizio consapevole di un lungo viaggio nei meandri oscuri del male incurabile e del tormento fisico che precede la fine.

Ma, anche in questa occasione, l'intelligenza di Enzo aveva "precorso" i tempi, annunciando l'irreversibile sua ultima certezza, quella che porta la Scienza a riconciliare l'Uomo contemporaneo con l'Arte, la Poesia, la Bellezza.

I suoi ultimi anni sono stati spesi proprio nel cercare di rintracciare "valori universali" nel campo delle sue complesse ed innumerevoli ricerche sul rapporto tra Biologia e Sviluppo; quando Enzo li rintracciava, sceglieva nuovi strumenti e nuovi mezzi per "comunicare", ad un pubblico sempre più vasto, le sue idee di futuro e di etica della responsabilità, che ha sempre saputo trasmettere a tutti i suoi allievi.

Qualche giorno fa, pur ritornando alla sua Pacina, Enzo non ha "aperto" nessun nuovo Tavolo ma ci ha consegnato la sua eredità.
Immensa, multiforme, colorata, piena di profumi.
Lui, avvolto in quel candido vestito bianco, con cui amava presentarsi nelle occasioni importanti, è uscito di scena, come un attore del Teatro Rozzi della sua amatissima Siena, volando sopra le quinte per osservare l'Arancia Blu, ospite di quell'astronave dalla quale Kenneth Boulding seppe farci capire la stolta filosofia dell' "economia del cow-boy".

A San Gimignano un ordine di demolizione a un piccolo impianto fotovoltaico

Articolo
da: http://www.qualenergia.it/view.php?id=1456&contenuto=Articolo
Quando il Comune ti vuole demolire l'impianto
A San Gimignano un ordine di demolizione a un piccolo impianto fotovoltaico ad inseguimento arrivato a 4 mesi dalla presentazione della Dia, con l'impianto installato e il mutuo da pagare: non rispetterebbe i dettami dei regolamenti comunali su edilizia e urbanistica. Ma sulla legittimità dei regolamenti comunali che stabiliscono dove realizzare gli impianti c'è chi ha qualche dubbio.
Trovarsi con un impianto fotovoltaico installato e un mutuo da pagare quando dal Comune arriva l’ ordine di demolirlo. Può succedere nella giungla italiana delle regole sulle rinnovabili, in cui Regioni e Comuni creano regolamenti tra loro disomogenei e nelle cui maglie è facile restare impigliati.

«Nel marzo 2009, dopo ripetuti colloqui con i tecnici comunali, abbiamo presentato la Dia per un impianto fotovoltaico da 7,56 kW – scrive a Qualenergia.it Roberto Senesi, un lettore di San Gimignano (SI) - dopo 20 giorni, con la documentazione timbrata dal Comune in mano, abbiamo comunicato la data di inizio lavori. Tutto è stato calmo fino al 13 luglio 2009, quando è stato effettivamente montato il sistema. A questo punto è scoppiato il finimondo: diffida lavori, ordine demolizione, ricorso al Tar».

L'impianto installato (vedi foto a lato) - un piccolo sistema a inseguimento in un'“area agricola dei sistemi collinari a maglia fitta”– infatti è stato giudicato incompatibile con il Regolamento urbanistico e quello edilizio, con conseguente ordinanza di rimozione. (Nella foto si vede comunque una tensostruttura bianca, sullo sfondo, che non ci pare, questa sì, affatto compatibile con il paesaggio.)

Nulla è valso il ricorso al Tar fatto da Senesi - che ora attende un’ulteriore sentenza dal Consiglio di Stato, al quale si è appellato. Nel frattempo il lettore si trova con un mutuo da quasi 60mila euro da pagare per un investimento che minaccia di non rientrare mai più.

La legge infatti sembra essere dalla parte del Comune. Il Regolamento urbanistico – adottato alcuni giorni dopo che Senesi aveva presentato la Dia - e il Piano strutturale, spiega a Qualenergia.it l’assessore all’urbanistica del paese, Simone Burgassi, “individuano le aree agricole a maglia fitta come invarianti di Piano, a fini di tutela paesaggistica, e che quindi impediscono l'installazione di qualsiasi impianto tecnologico. C'è poi il Regolamento edilizio (in vigore da 3 anni al momento della presentazione della Dia, ndr) che permette solo l'installazione di moduli a terra o sui tetti.”

Il problema è che quello in questione è sì un impianto installato nel terreno, ma secondo il Regolamento comunale si tratta di un impianto ‘non integrato’, cioè non assimilabile ai pannelli a terra propriamente intesi in quanto l'impatto è maggiore. “Una possibile soluzione, da valutare dopo la sentenza del Consiglio di Stato, affinché Senesi non perda completamente l’investimento - apre l’assessore – sarebbe trasformare il sistema in un impianto a terra. Ad ogni modo ora – dato il particolare pregio paesaggistico del nostro territorio giustamente tutelato dai nostri regolamenti – stiamo promuovendo incontri preliminari con i tecnici comunali per chi vuole realizzare gli impianti, affinché non si ripeta quel che è avvenuto in questo caso.”

Ma perché avvengono casi come questo? E ancora: è possibile che - nonostante nel periodo trascorso dalla presentazione della Dia all’installazione (4 mesi) non si siano avute obiezioni da parte del Comune – si debba modificare o peggio smantellare un impianto già realizzato? L’avvocato Lucia Bitto di Aper non lascia grandi speranze al lettore: “dal punto di vista formale l’impianto realizzato con semplice Dia deve essere comunque conforme a tutti i regolamenti comunali esistenti e anche trascorsi i 30 giorni l’amministrazione (comunale, ndr) non perde il potere di verificare la coerenza con la strumentazione e quindi l’impianto può essere bloccato”.

Il vero nocciolo della questione secondo l’avvocato di Aper è un altro: se regolamenti del genere siano o meno legittimi. “A nostro avviso non lo sono: la competenza sulla localizzazione degli impianti a rinnovabili sul territorio spetta alla Conferenza unificata e poi alle Regioni, non ai Comuni. Inoltre non spetta ai Comuni stabilire il grado di integrazione dei vari tipi di impianto, ma solo al Gestore servizi elettrici".

Come uscire da questo conflitto di competenze che crea casi come quello raccontato? “Le linee guida nazionali, quando saranno approvate, forniranno un indirizzo preciso alle Regioni per stabilire quali aree sono idonee all’installazione degli impianti e quali no. A quel punto anche in materia urbanistica spetterà alla Regione recepire, il Testo unico sull’edilizia, la disciplina nazionale. Altrimenti, come nella situazione attuale ci troviamo con comuni che ammettono alcuni tipi di intervento ed altri che non lo fanno.”



GM


16 maggio 2010

lunedì 28 giugno 2010

per le vostre vacanze

da http://www.luxgallery.it/articolo/le-coste-piu-green-d’italia/
LE COSTE PIÙ GREEN D’ITALIA
Ecco le 14 località marine che hanno conquistato le 5 vele della Guida Blu 2010 Guarda la gallery
Con le vacanze estive alle porte piovono i consigli su dove trascorrere le settimane di relax dopo un anno di lavoro; per chi ha particolarmente a cuore l’ambiente ecco le 14 location italiane che quest’anno hanno conquistato le 5 vele della Guida Blu 2010 di Legambiente e del Touring Club Italiano, grazie al loro impegno green.

In vetta alla classifica il comune salernitano di Pollica (con Acciaroli e Pioppi), che si è impegnato nella conservazione del paesaggio promuovendo l’uso di energie rinnovabili e introducendo un’ordinanza che multa chi getta i mozziconi sulle spiagge.

Località esclusive e attente all’ecologia patrimonio dell’umanità dell’UNESCO sono le Cinque Terre in Liguria: i tre comuni del Parco nazionale Riomaggiore, Vernazza e Monterosso hanno ormai consolidato un equilibrio virtuoso tra sviluppo economico e agricoltura.

La Puglia, divenuta negli ultimi anni meta vip, vanta ben tre località nella classifica: Ostuni, Nardò, con Il Parco regionale di Porto Selvaggio e Palude del Capitano considerato uno dei gioielli naturalistici, paesaggistici e archeologici del Salento e Otranto con le spiagge accessibili ai diversamente abili e l’osservatorio sugli ecosistemi mediterranei.

Capalbio, Castiglione della Pescaia e Capraia sono i tre orgogli della regione Toscana: in particolare l’isola compresa al 70 per cento nel Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano, è ricca di endemismi terrestri ed è circondata da un’area marina con splendidi punti d’immersione.

Tre località eco anche per la Sicilia: la Salina, che grazie alla Riserva Naturale Orientata e la persistenza delle attività agricole tradizionali che caratterizzano il paesaggio è considerata una perla naturale del Mediterraneo, la bellissima San Vito Lo Capo e la barocca Noto.

Non poteva mancare la Sardegna in questa carrellata di posti da sogno ed ecosostenibili.

Bosa con la sua azione di tutela nei confronti dell’unica specie autoctona di grifone italiano: Baunei, una trentina di chilometri di litorale stupendo e di enorme valenza naturalistica, con scogliere interrotte da spiagge di grande suggestione come Cala Luna o Cala Sisine; Posada un grande progetto di salvaguardia del sistema costiero ha permesso la rinaturalizzazione delle dune e la futura istituzione del parco fluviale del Rio Posada.

venerdì 25 giugno 2010

l’Arcipelago Toscano non è il Golfo del Messico


Legambiente:No alle perforazioni petrolifere

La multinazionale Australiana Key Petroleum mette rischio l’Elba, Pianosa e Montecristo

"La Repubblica" ha pubblicato un'inchiesta (Riparte la corsa all'oro, cento nuove trivelle assediano parchi ed Isole - Dall'Elba alle Tremiti piani dei petrolieri. E piovono autorizzazioni) che utilizza anche dati forniti da Legambiente e ripresi da documenti ufficiali. Di cosa si tratta?

Se si legge il Bollettino Ufficiale degli Idrocarburi e della Geotermia del Ministero dello Sviluppo Economico del 31 gennaio 2007 si scopre che riporta per il Mar Tirreno due istanze di permessi di ricerca in mare avanzate dalla Puma Petroleum: una presentata nel gennaio 1999 per 683,13 Km2, l'altra dell'aprile 1999 su 643,12 Km2. Sono un paio dei progetti italiani offshore di proprietà della Puma Petroleum S.r.l., una compagnia acquisita dalla Key Petroleum l.t.d, una multinazionale petrolifera australiana con sede ad Outram Street 14 - West Perth, Western Australia, che sul suo sito spiega: «Vengono preparati per essere sottoposti a perforazioni esplorative e possibile appalto. La Key possiede il 100% di interesse nelle 4 richieste di concessione esplorativa, delle quali 2 sono concessioni offshore al largo dell'isola di Lampedusa e le altre due si riferiscono alla Sardegna Occidentale ed all'Elba Meridionale. Dette aree offshore si trovano in aree geologicamente esplorative». La richiesta di concessione relativa all'Elba Meridionale « ha 2 pozzi all'interno dell'area di richiesta di concessione di 643 km2, entrambi hanno dimostrato presenza di gas. L'obiettivo primario riguarda gas e possibilmente petrolio all'interno dei carbonati mesozoici».

La Key Petroleum spiega di aver acquisito dalla società britannica Puma Petroleum Ltd. tutte le proprietà ed interessi che aveva in Italia, inclusi i progetti esplorativi sia onshore che offshore: «La Key ha iniziato le attività in Italia sin dalla sua quotazione con l'ASX ed ha trasformato la Puma Petroleum Ltd. nella Puma Petroleum S.r.L., società con sede in Italia, rivitalizzandola con un nuovo marchio, una vasta promozione nell'ambito dell'industria italiana gas e petrolio e tramite una continua estensione della sua credibilità presso vari ministeri ed istituzioni governative con i quali l'impresa coopera per l'avanzamento dei propri progetti. Attraverso la Puma Petroleum, la Key lavora allo sviluppo dei propri interessi in Italia utilizzando per i progetti specialisti italiani nel settore che offrono un valido contributo grazie alla loro preziosa conoscenza dell'area ed al loro discernimento».

Se si guarda la carta della Key relativa alle concessioni nella "Aree di Applicazione (Key 100% - Elba, Lampedusa 1 e 2 e Sardegna Occidentale)" si scopre che quella "Elba d 91 E.R-.PU" si estende da poco al largo delle coste meridionali dell'Elba fino quasi a Montecristo, inglobando con tutta probabilità il mare protetto di Pianosa per il quale recentemente il Comune di Campo nell'Elba aveva chiesto addirittura di vietare il transito alle petroliere ed alle navi con carichi pericolosi o di grandi dimensioni. Un'area vastissima, grande tre volte l'Elba, la terza isola italiana, in pieno Santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos, praticamente sulla rotta delle balenottere e nell'area più frequentata dai delfini, dove attività di trivellazione petrolifera e/o gasiera dovrebbero essere tassativamente vietate, anche perché interessano due delle aree marine protette dal Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano e tra le più integre del Mediterraneo: Pianosa e Montecristo.

La Key e la Puma ci informano anche che «Le relazioni di valutazione dell'impatto ambientale - Environmental Impact Assessment (EIA) - per ciascuna area sono attualmente sottoposte alla valutazione del Ministero per l'Ambiente e la Key è in attesa del responso finale e dell'approvazione da parte del Ministero. L'opera di valutazione tecnica è progredita in parallelo con la procedura di inoltro dell'EIA e l'azienda ha lavorato in cooperazione con i propri specialisti italiani sulla valutazione geologica e geofisica dei dati. Il team tecnico della Key è attualmente impegnato nella preparazione di rilevamenti geofisici dettagliati che supportino lo sviluppo di aree esplorate e vantaggiose (...) I progetti italiani offshore di proprietà della Puma Petroleum S.r.l., compagnia acquisita dalla Key, vengono preparati per essere sottoposti a perforazioni esplorative e possibile appalto. La Key possiede il 100% di interesse nelle 4 richieste di concessione esplorativa, delle quali 2 sono concessioni offshore al largo dell'isola di Lampedusa e le altre due si riferiscono alla Sardegna Occidentale ed all'Elba Meridionale. Dette aree offshore si trovano in aree geologicamente esplorative».

Ora probabilmente gli elbani sanno cosa erano quelle gigantesche piattaforme illuminate come astronavi che hanno visto qualche volta vicino alle loro coste e che ci era stato assicurato che erano solo di passaggio o si "rifugiavano" per il maltempo invernale.

La Key «E' stata fondata allo scopo di sfruttare le opportunità petrolifere internazionali individuate dagli amministratori della società sulla base della loro estesa rete di contatti e pluriennale esperienza nell'industria del gas e del petrolio. Il punto focale degli investimenti qualitativi è stato posto in aree con accertata presenza di petrolio e gas e laddove erano già state precedentemente identificate opportunità di trivellazione. La società ha inoltre voluto localizzare i propri progetti in paesi politicamente stabili che offrissero condizioni fiscali attraenti e, ove possibile, preesistenti infrastrutture di qualità ben realizzate e gestite».

I petrolieri australiani dicono esplicitamente di essere alla ricerca «di potenziali aree ad un costo inferiore»: operano già, da soli o in joint venture con altre multinazionali petrolifere, al largo delle coste della Tanzania (Songo Songo), in Suriname (Coronie e Uitkjik), in Namibia (Bacino del Walvis) e spiegano che «L'obiettivo aziendale a breve termine consiste nel creare riserve petrolifere da trivellazione che possano essere rapidamente messe in produzione. La Key intende continuare con tale approccio ed è sempre alla ricerca di altri investimenti di qualità che forniscano crescita e forza finanziaria all'azienda. L'obiettivo aziendale a lungo termine della Key Petroleum, con alla guida un esperto e plurispecialistico consiglio d'amministrazione affiancato da consulenti finanziari e da un solido team tecnico, consiste nella creazione di un'azienda esplorativa e produttiva integrata dedita all'esplorazione gas-petrolifera ed alla produzione».

Per Umberto Mazzantini, responsabile Isole Minori di Legambiente, «E' abbastanza incredibile che una multinazionale che si sta facendo largo a gomitate ed accordi nei Paesi in via di sviluppo, abbia preso di mira il mare protetto dell'Arcipelago Toscano, quello di Lampedusa e della Sardegna, aree che vivono di turismo e non hanno bisogno che la loro economia venga messa a rischio da colonizzatori petroliferi, come sta succedendo agli albergatori, agli operatori turistici ed ai pescatori con la tragedia della marea nera del Golfo del Messico. E' anche abbastanza impressionante che l'Italia firmi un accordo con la Francia per la protezione delle Bocche di Bonifacio e poi, a due passi, permetta agli australiani di scorrazzare alla ricerca di gas e petrolio nel bel mezzo del mare protetto da un Parco nazionale e del Santuario internazionale dei Cetacei».

Mazzantini, che è anche portavoce del circolo di Legambiente Arcipelago Toscano, si rivolge direttamente agli amministratori locali: «Chiediamo a tutti i Comuni dell'Arcipelago Toscano, alle due Province di Livorno e Grosseto, alla Regione Toscana ed al Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano di opporsi immediatamente, con atti ufficiali, a questa vera e propria follia che metterebbe a rischio la nostra economia e il nostro ambiente. Le isole della Toscana devono uscire dall'era del petrolio, puntare allo sviluppo delle energie rinnovabili ed al risparmio energetico, non essere rituffate da una multinazionale australiana specializzata in perforazioni nel terzo mondo dentro la sporca e pericolosa preistoria dei combustibili fossili».

Domanda ai Verdi


di Pietro Del Zanna


Cari Verdi, siamo alla fine di un modello di sviluppo che noi abbiamo criticato per primi. Io vedo uno tsunami in atto da cui ci si difende rifugiandosi negli altopiani, costruendo aree vivibili e accoglienti per ricostruire dopo la bufera. Uno tsunami provocato da un modello di vita e di consumi a cui tutti noi portiamo il nostro più o meno grande contributo. Per me l'urgenza è dimostrare che un altro modello è possibile e desiderabile qui ed oggi e vorrei che le migliori energie si spendessero in questa direzione e, sul piano politico, a costruire istituzioni e regole che facilitino questa "conversione ecologica".


Io non combatto contro qualcuno che personifica il male, sia questo la Fiat o l'imperialismo americano o Berlusconi. Vi abbiamo esaurito, bruciato e rese esauste le migliori generazioni. Vedere il poco fiato rimasto alla federazione dei Verdi speso per una mozione di resistenza e non di proposizione su cosa fare per la costituente ecologista non lo capisco proprio. Cosa avete discusso? Cosa avete deciso? A questa costituente sta lavorando qualcuno? Alla proposta dei tavoli delle Cinque Terre o a quella di Giuliano Tallone qualcuno si degna di rispondere? Cosa stiamo aspettando?


http://www.facebook.com/profile.php?id=1200662627#!/notes/pietro-del-zanna/domanda-ai-verdi/439437868803

giovedì 17 giugno 2010

Cemento e isole: la versione di Tozzi



di Mario Tozzi

Sono rimasto sorpreso - e anche un po' deluso - dalle reazioni a una mia intervista sulla questione ambientale all'Elba che preludeva alla presentazione del mio ultimo libro "Nel nome del parco, un anno sull'arcipelago" appena uscito per Effequ. Avrei voluto suscitare un dibattito ragionato, ma il grido della pancia precede spesso la voce della ragione, anche negli individui più moderati. Non parliamo poi dei portatori di interesse, di chi ignora le questioni ambientali o di chi è in malafade. Ma andiamo con ordine. Sono almeno tre anni che faccio presenti le mie preoccupazioni sul futuro dell'arcipelago toscano, se i suoi amministratori non sceglieranno decisamente e con coraggio la strada della protezione ambientale, rinunciando a quella bulimia costruttiva che ha caratterizzato l'isola per decenni.

Non ho detto che l'Elba è cementificata, ma che rischia grosso, visti i numeri, come quelli delle sanantorie e delle seconde case. Concetti ampiamente condivisbili, mi pareva, eppure c'è ancora chi continua a sostenere che qui si è costruito poco e che si dovrebbe puntare al modello Malta, un'isola distrutta dal punto di vista ambientale e sociale e ridotta a una piattaforma di cemento sul mare. E sono almeno tre anni che gli amministratori elbani insorgono, offesi non si sa bene da cosa, e che non rispondono nei contenuti, ritenendo antipatiche le forme.

Oggi però qualcosa è cambiato e inviterei i sindaci dell'Elba a prestare attenzione ai segnali che provengono dalla società civile e dal resto della Regione Toscana e del paese. Infatti il rischio da me paventato non è solo una mia versione (dettata da chissà quale interesse di parte), ma ormai qualcosa di condiviso, a partire dalla "gente": i lettori de Il Tirreno, per esempio, che mi invitano a non mollare; chi partecipa a blog tradizionalmente a me ostili, che oggi si dividono anche a mio favore; i turisti, che mi mandano decine di mail o messsaggi su faceboock dello stesso tenore; gli intellettuali toscani e non, che sostengono le mie stesse posizioni (Settis per tutti); i partiti del centro-sinistra, che, fatta eccezione per il Pd elbano, si schierano in blocco con me. Anche il direttore de Il Tirreno Bernabò parte dalle mie considerazioni per un editoriale di prima pagina (intitolato significatimente "la guerra del mattone") in cui, al di là dei toni, si invita a scegliere un modello si sviluppo meno legato al cemento. E ancora: non solo Alberto Asor Rosa, ma anche il nuovo assessore all'urbanistica regionale Anna Marson, con il sostegno del neo presidente Rossi, esprimono concetti simili ai miei, facendo intravedere una sterzata a centottanta gradi ("troppa autonomia costruttiva ai comuni"): il periodo di Conti sembra per fortuna chiuso per sempre. E un esponente importante del Pd livornese, il sindaco di Piombino Gianni Anselmi, dopo un pubblico dibattito in cui ho illustrato lo stesso rischio sulla costa, mi ringrazia e raccoglie il mio invito ad avere più coraggio nella costruzione di distretti di qualità ambientali in Toscana. Tutti costoro sostengono pubblicamente gli stessi concetti espressi da me e che Legambiente arcipelago irrobustisce da anni con dati e esempi. Il presidente del Parco dell'arcipelago non è più solo, mi pare.

Qualche eccezione c'è, va riconosciuto, anche fra gli amministratori elbani: sostanzialmente il sindaco di Portoferraio mi dà ragione sul passato e dice che i nuovi strumenti urbanistici comunali non permetteranno più quegli scempi: bene, questo lo vedremo nel tempo. Il sindaco di Capoliveri, che non mi muove critiche dirette, o quello di Marciana che addirittura non si pronuncia affatto (ben sapendo che l'Ente Parco è forse l'unico in grado ancora di "aiutare" i comuni) o quello di Rio nell'Elba, che non si sbilancia. Ma c'è anche qualche consigliere del parco che mi concede "filosoficamente" ragione (è già qualcosa) e un ex sindaco del Giglio che mi difende a spada tratta. Qualche crepa nella diga. Insomma si riconosce che, se in Italia si consumano 250.000 ettari all'anno di territorio, una parte la fa anche la Toscana (che da sola ne brucia quanto il Regno Unito) e, per forza di cose, anche l'Elba. Certo è più comodo sentirsi dire che tutto va bene e che non bisogna cambiare rotta: ma l'impressione è che rimarrano in pochi, asserragliati come quei giapponesi che non volevano rassegnarsi alla sconfitta in guerra e che sono rimasti per anni nascosti nella giungla. Per far finire l'età della pietra non è necessario che finiscano le pietre. Oh, è una metafora, che nessuno si offenda, vi prego.

(da Greenreport )

Nascono i Cittadini Ecologisti a Livorno


“Dopo una lunga storia di militanza e di appartenenza politica, abbiamo deciso di chiudere l’esperienza dei Verdi di Livorno”. Inizia così una nota degli ambientalisti labronici.
“Un passo _ prosegue la nota _ che si ritiene necessario dopo una distanza sempre più marcata con i vertici regionali e nazionali, come dimostra la nostra posizione di non allineamento e di non condivisione rispetto alla scelta del gruppo fiorentino dei Verdi di appoggiare Rossi e il centro sinistra, proposta politica per noi inaccettabile e insostenibile”.

Per gli ecologisti livornesi “la scelta conferma la coerenza e la dignità che hanno caratterizzato da sempre la storia dei verdi livornesi e in particolare negli ultimi 10 anni, con l’opposizione nei confronti del governo locale (mai ideologica ma partendo dalle scelte di governo del territorio e dai fatti concreti) realizzata con la presenza “critica” nelle istituzioni assembleari, con la presenza continua e costante nelle tante e numerose “battaglie” con la società civile e con le scelte di partecipare da soli alle amministrative del 2004 e con l’Alleanza Livorno Libera (per Marco Cannito candidato sindaco) nel 2009 che ha raggiunto il 10% dei consensi”.
“Coerentemente a quanto indicato al Congresso di Fiuggi della Federazione Nazionale dei Verdi nell’ottobre 2009 _ affermano gli ambientalisti di Livorno _ e prendendo atto delle contraddizioni e dei ritardi che hanno caratterizzato fin qui il percorso dei nuovi vertici regionali e nazionali, abbiamo deciso di iniziare concretamente e convintamente il percorso dei Cittadini Ecologisti, un movimento che parte dal locale con l’obiettivo di concorrere alla elaborazione di un progetto di società e di comunità radicalmente diverso da quelli attuali dominati e “prigionieri” di un modello di sviluppo insostenibile a 360° (dal punto di vista ambientale, sociale, politico, culturale ed economico). Un progetto che parte dalla necessità di una conversione ecologica e sociale e che contemporaneamente contribuisce alla nascita di un percorso caratterizzato da incontri e confronti con altri soggetti e realtà impegnati per obiettivi e finalità comuni, uniti dagli stessi valori e dalle stesse volontà di costruire una società equa, sobria, solidale e sostenibile. Un vero processo partecipativo dal basso, l’unica strada verso il cambiamento”.

Quello di Cittadini Ecologisti è un progetto che non ha la tensione e i ricatti della politica “partitica”, e quindi delle scadenze elettorali e delle decisioni verticistiche, ed “è fuori dagli attuali schematismi “ideologici” che caratterizzano da tempo il centro destra e il centro sinistra”.
“Al tempo stesso _ conclude la nota _ intendiamo comunque continuare a lavorare per mantenere e consolidare il progetto dell’Alleanza Livorno Libera, esempio concreto e riuscito di costruire un “progetto politico” (comprendente partiti politici, associazioni e cittadini) partendo dalla condivisione di una critica all’esistente e al governo locale, con un progetto e proposte condivise”.

Sempre da Cittadini Ecologisti (blog: www.cittadiniecologisti.it ) è nato un “ appello per la costruzione di un movimento politico ecologista”, rintracciabile anche su FBK, sul quale sono state raccolte ad oggi circa 250 adesioni.

sabato 5 giugno 2010

Nasce il “Coordinamento toscano per il «no» al nucleare”


Sedici associazioni ambientaliste, territoriali, di settore, hanno costituito un unico coordinamento interassociativo che dice un "no" chiaro alla scelta nuclearista del Governo. Lo afferma il comunicato del "Coordinamento toscano per il ‘no' al nucleare", (Ambiente e lavoro, Amici della terra, Fare verde, Forum ambientalista, Greenpeace, Italia nostra, Legambiente, Terra!, Wwf e Rete dei comitati per la difesa del territorio, Arci, Libera, Medicina democratica, Cittadinanzattiva, International society of doctors for the environment e "Mondo senza guerre e senza violenze").

La prima riunione operativa del neo-formato Coordinamento ha avuto luogo a Firenze a fine Maggio, presentando due documenti, i «dieci motivi per opporsi al nucleare» e un altro più approfondito sull'energia nucleare, "Le tante facce del nucleare".

Gli aderenti al Coordinamento definiscono la scelta nucleare vecchia, diseducativa, antieconomica, e che ha il demerito storico di procrastinare ancora l'affermazione del risparmio e dell'efficienza energetica nei settori civile, industriale, trasportistico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili secondo una seria pianificazione e nel rispetto della vocazione dei territori.

La trasformazione dell'energia contenuta nell'atomo porta alla produzione di sola energia elettrica, meno di 1/5 dei consumi energetici di ogni paese. La scelta del nucleare, non riduce la dipendenza dal petrolio: la Francia produce il 78 % dell'energia elettrica dal nucleare, ma importa più petrolio di noi, ed ha i consumi di petrolio pro capite più alti d'Europa.

L’Uranio ai consumi attuali si esaurirà in pochi decenni, il cui mercato è dominato da una lobby molto ristretta: sette società controllano l'85% dei giacimenti mondiali e quattro società forniscono il 95% dei servizi di arricchimento. Inoltre l'Italia non possiede uranio e dipenderà completamente da altri paesi per il suo approvvigionamento.

Una valutazione realistica dei costi del nucleare deve tener conto non solo della costruzione delle centrali ma dell'intero ciclo di vita, con particolare riguardo ai costi differiti dovuti al deposito delle scorie e allo smantellamento delle centrali di cui non si conosce ancora l'esatta incidenza. Considerati gli enormi costi di costruzione, le centrali nucleari non sono un affare per i privati a meno di ricevere ingenti sovvenzioni dallo stato.

Si accumulano studi scientifici che dimostrano aumenti di leucemie infantili ed altre malattie nelle popolazioni che vivono attorno alle centrali nucleari. Segno evidente che rilasci radioattivi si verificano nel normale funzionamento dei reattori, anche se ufficialmente vengono sottaciuti. Questi si aggiungono ai rilasci inevitabili nei frequenti incidenti (spesso minimizzati o negati dalle autorità), sommandosi ad altri inquinanti.

Le scorie sono un problema al quale nessun paese ha ancora trovato una soluzione sicura e riguardo al quale si sono conseguentemente attivati, fin dai decenni scorsi, «traffici illegali per lo smaltimento nei paesi del terzo mondo. E a questo va aggiunto l'ambigua relazione tra nucleare militare e civile, in quanto secondo il Coordinamento la tecnologia nucleare è intrinsecamente dual-use, cioè non è possibile separare le applicazioni civili da quelle militari, e di conseguenza è prevedibile che la diffusione nel mondo di programmi nucleari aumenterà indubbiamente i rischi di proliferazione militare.

Il documento contesta la presunta "necessità", per l'Italia, di importare energia dalla Francia. Secondo il Coordinamento, in realtà la potenza elettrica installata in Italia era nel 2008 di 98.625 Mw, a fronte di un picco di domanda di 55.292 (il massimo storico era stato raggiunto nel 2007 con 56.822 Mw), dando luogo alla maggiore eccedenza tra tutti i paesi europei. L'importazione di energia da Oltralpe, si sostiene, è legata al fatto che la Francia "svende" energia elettrica nelle ore di calo della domanda, perché il sistema nucleare è rigido e non si adatta alle variazioni di carico; in compenso, in momenti di picchi eccezionali di domanda è costretta ad importare energia elettrica, a caro prezzo, dai paesi confinanti in particolare la Germania.

Viene poi sfatata anche l'ipotesi che un rilancio del nucleare italiano potrebbe ridurre la dipendenza del Belpaese dal petrolio: è infatti affermato che l'Italia importa quasi tutto il petrolio, che viene utilizzato - con grandi sprechi - in usi in cui non è sostituibile dal nucleare: circa un terzo, per un sistema dei trasporti totalmente sbilanciato sul trasporto su gomma e privato, buona parte per il riscaldamento di edifici costruiti senza isolamento termico, e altre importanti quote per attività produttive energivore, che producono male e in modo inefficiente.

Infine, il Coordinamento denuncia che sussiste la questione della "deroga" al principio di sussidiarietà Stato-regioni riguardo al nucleare, cioè il fatto che con l'entrata in vigore della Legge Sviluppo (luglio 2009), lo Stato potrà avvalersi dei poteri sostitutivi nei confronti delle regioni in materia di energia (aspetto per cui molte regioni hanno fatto ricorso), equiparando di fatto i siti scelti per le centrali alle aree militari d'interesse strategico. Con grave detrimento dei principi di partecipazione democratica nella condivisione delle localizzazioni.