Dal processo partecipativo sul water front di Carrara una lezione di democrazia
Mariapaola Antoniolo
CARRARA. Si è concluso giovedì il processo partecipativo finanziato dalla Regione Toscana sul futuro del fronte mare (water front).
Nel ringraziare gli 80 cittadini che hanno a lungo discusso con passione e grande impegno su questo tema, giungendo a conclusioni che riteniamo totalmente condivisibili (no al muro, no all'ampliamento del porto, no al restringimento della carreggiata di viale Da Verrazzano, sì alla riqualificazione di viali e pinete e dell'area ex simposio, ultimo affaccio libero sul mare per cittadini e turisti), vorremmo sviluppare due considerazioni di carattere più generale.
Una riguarda l'importanza del processo partecipativo come nuova forma avanzata di democrazia. Il progetto partecipativo proposto da Amare Marina e finanziato dall'Autorità per la partecipazione della Regione Toscana è una cosa seria, che si basa su una Legge regionale e non su qualcosa di opinabile di cui si può tener conto o meno, a propria discrezione (anche se il non rispetto delle leggi è un esercizio alquanto praticato).
Gli 80 cittadini che si sono incontrati in questi mesi sono stati scelti con un sorteggio casuale e statisticamente stratificato e sono quindi altamente rappresentativi dell'opinione della cittadinanza: erano diversi per età e formazione culturale, per professione e inevitabilmente anche per opinione politica. Non hanno fatto chiacchiere ma si sono documentati sui progetti, hanno incontrato tutte le parti in causa (Amministrazione comunale, Autorità portuale, proponenti), si sono confrontati in gruppi di lavoro, supportati da esperti per la metodologia di lavoro, e sono giunti a conclusioni condivise, anche se sicuramente diverse da quelle che l'Amministrazione intende realizzare in quell'area.
Disconoscere l'importanza di un processo come questo significa essere rimasti ancorati a un vecchio modo di pensare che, come è avvenuto di recente per l'adozione della variante al Piano strutturale, considera partecipazione la semplice informazione data alla cittadinanza a cose già definite, cioè dopo che il processo decisionale si è svolto e concluso nel chiuso della giunta comunale o, peggio, delle segreterie di partito o nelle segrete stanze dei gruppi di potere. Non c'è dunque da stupirsi, poi, se il cittadino, anziché inchinarsi alle decisioni calate dall'alto, si organizza in associazioni o comitati per contrastarle.
Questa idea vecchia di partecipazione, che di fatto partecipazione non è, si sposa -ed è questa la seconda considerazione che vogliamo sviluppare- con un singolare concetto di democrazia che il nostro sindaco, ad esempio, esprime in ogni occasione in cui le sue decisioni non trovano concorde l'interlocutore: «non siamo stati catapultati dall'alto, governiamo perché la gente ci ha votato: se non approverà le nostre scelte, ci manderà a casa alle prossime elezioni».
Questa idea, per cui un cittadino vota un sindaco (o un presidente del consiglio) e gli dà una delega in bianco su tutto ciò che riguarda l'attività di governo del territorio o dell'economia, è un'idea paternalistica della politica e della democrazia. Non è detto, infatti, che io, cittadino che ti ho votato, concordi con te e il tuo programma su ogni singola scelta.
Il processo partecipativo sul Water front, appena concluso, in questo senso è proprio un caso esemplare. Zubbani pensava che i cittadini, avendolo votato, condividessero in toto la sua idea di sviluppo per il porto commerciale e turistico e di sistemazione del water front. Ha invece scoperto che non è affatto così e che l'idea dei cittadini sul porto e sul destino di viale Da Verrazzano è molto più simile a quella dei tanto vituperati ambientalisti che a quella dell'Autorità portuale e dell'amministrazione.
Ora il sindaco ha l'occasione, come gli hanno suggerito con parole chiare e semplici i professori Lewansky (Autorità per la partecipazione della Regione Toscana) e Morisi (garante della Comunicazione della Regione stessa), di ascoltare davvero l'opinione dei cittadini e di tradurre in realtà le loro proposte, facendosene portavoce, da una posizione di maggior forza, anche nei confronti dell'Autorità portuale.
La lezione di fondo che la nostra classe politica deve necessariamente trarre da questa vicenda è che quando sono in ballo scelte importanti che incidono in maniera irreversibile sul futuro del territorio e sulla vita dei cittadini, è fondamentale intraprendere processi partecipativi reali, strutturati secondo regole scientifiche e garantiti dalla presenza di esperti, terzi rispetto alle parti in causa, come è avvenuto in questa circostanza. In questo modo, oltre ad ascoltare le reali esigenze della città, si arriva a scelte condivise, limitando fortemente la conflittualità sociale che decisioni imposte dall'alto inevitabilmente generano.
* presidente del circolo Legambiente Carrara
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