martedì 31 agosto 2010

Un anno del gruppo Cinque Terre

http://www.gruppocinqueterre.it/node/641


Il Gruppo delle Cinque Terre compie un anno

Alla fine di agosto del 2009 un piccolo gruppo, meno di 10 persone, si riuniva per 3 giorni fra le colline liguri delle Cinque Terre decidendo di fondare il gruppo omonimo con l’obiettivo di favorire, attraverso una azione ed una elaborazione da “lobby” (cioè da gruppo di pressione politico-culturale), un possibile percorso di aggregazione, rifondazione, unificazione di tutti gli ecologisti italiani; ciò a partire dalla costatazione del superamento storico di tutte le ipotesi di rifondazione della sinistra in Italia ed in Europa, di esaurimento della esperienza ventennale dei Verdi nostrani, della insufficenza delle esperienze ricche e numerose ma frammentate, della miriade di gruppi dell’arcipelago ambientalista e delle liste civiche.

L’elaborazione del GCT si è sviluppata, nel corso di vari momenti di discussione locali e nazionali, che hanno visto il coinvolgimento diretto di varie decine di persone di diversa provenienza e collocazione, attraverso anche la stesura di 3 documenti di riferimento: Il documento ”Il coraggio di cambiare”, l’appello “Un'altra Italia è possibile” (700 adesioni), la proposta dei “Tavoli per la Casa Comune degli ecologisti italiani” presentata 3 mesi fa ad un seminario di ecologisti a Roma.
Nel corso dell’ultimo anno al blog ECO si sono affiancati altri sei siti internet (tra blog e portali) fra i quali quello principale, ( www.gruppocinqueterre.it ) nato a febbraio di quest’anno, ha progressivamente e ininterrottamente scalato, seguito dagli altri sei, le classifiche degli accessi fino a diventare uno dei blog ecologisti più visitato e letto in Italia, anche attraverso il sostegno delle bacheche di Facebook.

Nel corso dell’ultimo anno e mezzo la consistenza e la presenza degli ecologisti in Europa e nel mondo è profondamente mutata tanto da poter parlare di un " nuovo movimento nascente degli ecologisti “ che non sono più circoscrivibili alla realtà europea e neppure confondibili con la prima e vecchia generazione dei verdi degli anni ‘80.

Alle elezioni europee del 2009 gli ecologisti hanno trionfato in Francia (Europe Ecologie), confermato la loro continua ascesa in Germania, superato il 10% in più di dieci nazioni europee portando il loro gruppo al Parlamento europeo da 43 a 56 deputati. Hanno preso il governo in Islanda con i socialisti dopo 40 anni di governi conservatori, rivinto alle elezioni regionali francesi (263 eletti), per la prima volta sono comparsi nella Camera bassa inglese malgrado il sistema dei collegi maggioritari, hanno avuto successo in varie elezioni comunali in Svizzera, hanno avuto inaspettati successi in vari paesi dell’Est europeo (ad esempio l’Ungheria), aumentato incredibilmente ancora i loro consensi in vari importanti Lander tedeschi. Negli Stati Uniti il Green Party è diffuso ampiamente in molti Stati federali e Contee, mentre è bloccato dall’assurdo meccanismo maggioritario “per Stati” alle elezioni presidenziali. Il fenomeno si estende ormai fuori dal mondo occidentale. Fra i tanti episodi citiamo la Colombia, dove il partito verde di Mockus tre mesi fa è arrivato al ballottaggio con la destra di Santos alle presidenziali, il successo di questi giorni del Green party australiano che diventa, malgrado il maggioritario, l’ago della bilancia per qualunque coalizione si voglia fare in una delle due Camere parlamentari, la possibilità di successo in Brasile nel prossimo ottobre con la candidata Presidente Marina Silva. Partiti verdi ed ecologisti si stanno diffondendo in Asia e Africa.

In tutti con una comune matrice genetica “ambientalista” radicale ( autonoma dalle vecchie formazioni delle destre e delle sinistre ), alla quale si affianca, con le diverse specificità locali, una vocazione nonviolenta e pacifista, multietnica e tollerante, a difesa della giustizia sociale e contro la corruzione, per la dignità e la sicurezza sul lavoro e contro la precarietà sociale, per l’esaltazione di una cultura civica e democratica. Alla base il rifiuto della logica della crescita infinita e del PIL e del modello economico che negli ultimi due secoli ne è scaturito.
Storicamente sembrerebbe che stia maturando, specie nel mondo occidentale, ma non solo , un ”terzo polo” ( in alternativa a quelli tradizionali dei conservatori e della socialdemocrazia ) che indica una nuova possibilità per l’intero Pianeta, sia nel modello economico, sia nel modello sociale, sia nella sfera culturale e perfino in quella intima e spirituale.
Nei paesi islamici e del Medio Oriente questa nuova possibilità si scontra frontalmente con i movimenti e le organizzazioni statali su base religiosa e non democratica di diversa connotazione.

Di questo fenomeno planetario, ben descritto dal volume Blessed Unrest ( Benedetta irrequietezza ) di Paul Hawken e da tanti altri autori, intellettuali e militanti di varie parti del Pianeta quasi nulla traspare nell’informazione e nei media italiani che, esaurita la fase della descrizione “folcloristica” degli ambientalisti di fine anni’80, semplicemente hanno scelto il silenzio, la censura o la denigrazione, facilitati anche dalla debole esperienza dei verdi italiani mai decolllati al di sopra del 2-3% nelle scadenze elettorali generali, dissanguati da diatribe interne, in parte assorbiti nelle logiche di casta della politica nostrana, oltre che da un sotterraneo ma aperto boicottaggio di parti della sinistra italiana attraverso quella parte dell’informazione che vi fa riferimento.

Nei più di 1000 articoli, documenti, interviste, pubblicati dai blog dell’area del GCT in poco più di un anno, molte decine (quasi un centinaio) danno informazioni e valutazioni su questo fenomeno ecologista internazionale; quasi da soli perfino nel mondo libero della rete web. Per quanto riguarda l’Italia, il variegato e diffuso universo ecologista si mostra carente di leader adeguati , di un progetto di aggregazione, subalterno e spesso cannibalizzato dalle chimere della sinistra moderata ed estrema, che nel frattempo si consuma in una serie infinita di crisi e rifondazioni regalando l’Italia ad un Berlusconi qualche anno fa considerato finito. Per questo abbiamo parlato più volte di anomalia e dimedioevo italiani.
Che cosa sono, se non anomalie di una transizione infinita, partiti e gruppi come l’Italia dei valori, Sinistra e Libertà, lo stesso Movimento di Grillo, per non parlare delle decine di micropartitini più o meno ecologisti, civici, di sinistra, che non hanno o non cercano riferimenti nella realtà euopea o internazionale ? che non hanno una vocazione culturale definita ?, che non riescono a collocarsi in modo chiaro neppure nel Parlamento europeo ? i cui programmi, quando esistono, sono a volte una “variabile dipendente” dalla contingenza politica? (sulla TAV, sugli Inceneritori, sugli Interventi militari all’estero, sul Nucleare, sui Contratti di lavoro precario, sui Costi della politica, sull’Informazione, sulla Giustizia, sul Federalismo, sul Conflitto di interessi, sul modello di Mobilità basato sull’auto, sulla Laicità dello Stato, sui Sistemi elettorali, sui Beni Pubblici fondamentali, sul contenimento dello Sviluppo urbanistico e del Consumo di territorio, etc..etc.. )

Nel corso di un anno di lavoro, al termine del quale si presenta per il piccolo GCT l’alternativa di darsi una forma di organizzazione adeguata alla possibilità di svolgere un ruolo o ridimensionare i propri obiettivi ad una marginale elaborazione culturale, abbiamo sviluppato progressivamente idee e ipotesi di un “Progetto” per la transizione ad una fase nuova, che non sarà nè breve, nè facile, nè scontata; lo abbiamo scritto in gran parte; se riusciremo lo completeremo e diffonderemo in tempi brevi come contributo per chi è disponibile a percorrere una nuova strada verso una “nuova frontiera” che porti gli ecologisti italiani a collocarsi in modo adeguato con le loro specificità nel panorama internazionale.E’ utile accennare sinteticamente ai punti fondamentali che ci sembrano degni di una discussione diffusa:

1) Ciò che serve è una nuova aggregazione larga, maggioritaria, pluralista, partecipata, gli Ecologisti italiani, che ha come riferimento l’esperienza degli ecologisti nel mondo, la loro cultura, i loro temi e le loro forme di rappresentanza politica e istituzionale ( nel Partito verde europeo, nel Parlamento europeo, nel coordinamento dei greens internazionale) .Un nuovo movimento che ha poco a che fare con il vecchio ambientalismo, con la storia circoscritta dei verdi locali; tanto meno con i percorsi di rifondazione delle varie sinistre italiane.
2) La forma migliore di organizzazione di questo movimento sembra essere federativa, su base regionale, che appare la più adeguata a mantenere un rapporto reale con il territorio, i cittadini, le specificità locali; senza rinunciare alla necessità di una espressione nazionale attraverso la “confederazione” di 21 realtà regionali autonome.
3) Gli Ecologisti devono affiancare ad un cuore verde e ambientalista una vocazione " riformatrice” ed una vocazione “sociale” facendosi carico del fallimento delle diverse sinistre attraverso una nuova e innovativa elaborazione progettuale su questi temi.
4) Il ridimensionamento delle logiche della Casta della politica e dei partiti , le connessioni con le logiche corruttive, mafiose, speculative, deve essere parte centrale del nuovo movimento (ad esempio valutando la proposta di dimezzamento delle indennità dei parlamentari, dei consiglieri regionali, dei rimborsi elettorali )
5) Andrebbe sostenuto in modo netto e con coraggio che i sistemi elettorali realmente democratici e partecipativi si basano sul sistema proporzionale che è il sistema elettorale della democrazia; con una adeguata soglia di sbarramento (4-5%) necessaria a favorire elementi di stabilità, evitare l’invenzione di partitini di comodo, garantire livelli stabili di aggregazione politica.
6) Gli Ecologisti devono svolgere un ruolo politico, culturale, propositivo, non ridursi ad esprimere solo dei NO; costruire reti dal basso, esperienze concrete di vita, di convivenza, di abitazione, di mobilità; nel territorio reale, in mezzo alla gente reale, sui problemi reali, indicando nuove e concrete possibilità di vita per tutti gli strati sociali: più dignitosa, più felice, più libera, in un ambiente più vivibile e meno inquinato, tutelando, per quanto possibile, tutte le specie e gli esseri viventi che lo abitano.
La presenza e la partecipazione alle scadenze elettorali, per quanto necessaria ed indispensabile, deve mantenere un ruolo secondario e non assumere caratteristiche di professione immutabile per pochi, ma esperienza momentanea per molti.

E’ evidente che una aggregazione larga , con una vocazione maggioritaria, deve prevede un pluralismo di posizioni al suo interno ed il progressivo superamento, il coinvolgimento o il ridimensionamento delle 3-4 forze politiche “transitorie” espressioni della anomalia italiana; senza dimenticare l’invito ad un nuovo impegno dei tanti che oggi si astengono o si sono ritirati, disillusi, ,dall’impegno sociale. Già oggi in questo variegato arcipelago, i cui pezzi neppure “ si riconoscono” fra loro, si presentano aree diverse: una componente “moderata” che potremmo definire neoulivista; una componente “radicale” in buona parte giovanile, che ha un riferimento netto nell’ecologismo anticasta di Grillo, una vasta area, la grande maggioranza, che sta in mezzo a queste due estreme, composta da una miriade di gruppi e liste civiche, associazioni, comitati, micropartitini ecologisti, intellettuali, attivisti della rete, che, pur a disagio, non esprimono una sufficiente vocazione propositiva all’aggregazione, forse, prima di tutto, per mancanza di proposte vere e credibili.
Soltanto quest’area larga centrale intermedia, nella quale probabilmente può essere collocato anche il piccolo GCT, ha la possibilità di dare gambe ad un progetto di aggregazione; aggregazione di tanti, tantissimi, che poi in fin dei conti hanno in comune il 90% delle proprie convinzioni e non sta scritto da nessuna parte che non si possa convivere con quel 10 % di differenze...

Se Grillo scoprisse gli ecologisti nel mondo invece del proprio egocentrismo…se Vendola si liberasse del vecchio bagaglio malconcio della sinistra… se Di Pietro decidesse che cosa è, se i Verdi fossero. ..se..se…

Non sembra che questi siano, ad oggi almeno, i leader.. In realtà non c’è, ne forse ci sarà mai in Italia, nessun Cohn Bendit nostrano ( il protagonista del clamoroso successo francese) ..è bene metterselo in testa..quindi servono 100 Cohn Bendit che poi alla lunga è anche meglio.
Chi ci crede cominci a fare la propria parte, con umiltà, insieme agli altri 99..

I temi su cui agire sono chiari a tutti: il ritorno del nucleare, il dilagare degli inceneritori, la cancellazione delle opere inutili come la TAV ed un nuovo sistema di mobilità compatibile, la distruzione delle città nel traffico,nell’inquinamento e nella cementificazione, lo smantellamento della legislazione ambientale, l’ulteriore estensione del lavoro precario, i diritti civili e di libertà individuale, il ridimensionamento della casta, delle mafie e dei corrotti, le 3-4 grandi riforme di cui il paese ha bisogno..
E per chi pensa che siamo dei sognatori, che il progetto è bello ma impossibile, rivendichiamo il nostro sano realismo chiedendo che qualcuno ci indichi un'altra strada, altri protagonisti, altri progetti più credibili, che ci evitino di morire in un lungo, infinito, anomalo, medioevo italiano..

Massimo Marino

Urge nuova legge su parchi e Anpil.

http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=6413&mod=greentoscana

[ 30 agosto 2010 ] Aree protette e biodiversità | Urbanistica e territorio

C’era una volta un’area protetta in Val d’Orcia

Renzo Moschini

PISA. Un giornale inglese consiglia ai suoi connazionali da sempre frequentatori appassionati della nostra regione di lasciar perdere la celeberrima Val d'Orcia dove la cura più che alle bellezze del paesaggio e della natura sembra ora più rivolta ad altro.

La Val d'Orcia come si ricorderà specie dopo i riconoscimenti dell'Unesco ma soprattutto le roventi polemiche su villettopoli è stata al centro di un serrato dibattito anche nazionale. La Toscana non ne uscì bene perché al di là dell'episodio specifico che aveva acceso la miccia ciò che emerse fra l'altro è che si era utilizzato lo strumento dell'Anpil - ossia un'area protetta di interesse locale prevista solo dalla legge toscana - in maniera più che strumentale grottesca. Ricordo per l'ennesima volta che a fronte dei 90.000 ettari complessivi delle varie decine di Anpil presenti in Toscana 60.000 ettari - ossia più della superficie dei tre nostri parchi regionali - appartengono alla Val D'Orcia. Dopo questa sconcertante ‘scoperta' risultò ancor più evidente che bisognava e alla svelta rivedere la nostra legge regionale sui parchi e le Anpil per evitare simili bufale che ci coprono di ridicolo e immettere più efficacemente l'esperienza di queste peculiari aree protette nel contesto regionale soprattutto valorizzando il ruolo delle province.

E invece come sappiamo non è successo niente e non soltanto in Val d'Orcia di cui sembrano occuparsi e preoccuparsi per ora solo gli inglesi. Ora che la presidenza della regione riafferma con determinazione e chiarezza la sua precisa volontà di operare su questi temi ambientali in ‘discontinuità' con il passato sarebbe bene che in agenda si mettesse anche la Val d'Orcia. E per farlo bene l'unico modo è mettere mano finalmente alla nuova legge regionale che due assessorati ai parchi non sono riusciti a portare al traguardo soprattutto per l'ostilità dell'assessorato all'urbanistica. Ecco, perché cali finalmente la tela su vicende poco edificanti come quella della Val d'Orcia e sia rilanciato finalmente il nostro sistema di parchi e di aree protette specie in un momento in cui a Roma li stanno passando al tritacarne di Tremonti, bisogna approvare la nuova legge. Un altro rinvio sarebbe scandaloso e renderebbe poco credibili anche i nuovi impegni di Rossi.

giovedì 19 agosto 2010

Il boom delle fontanelle di qualità, più salute e meno spreco di risorse


Difficilmente andranno a incidere sulla riduzione della produzione di rifiuti, ma le fontanelle di alta qualità che stanno prendendo piede un po' in ogni città delle Toscana, rappresentano comunque una buona pratica che vale la pena sottolineare. Soprattutto dal punto di vista educativo, visto che approvvigionarsi a queste fonti riavvicina alle vecchie abitudini del riuso dei contenitori, della salvaguardia dell'ambiente evitando l'uso e getta (in questo caso delle bottigle in Pet), di un prodotto più sano e anche di un nuovo modo di fare socialità, visto che le code diventano un modo per scambiare quattro chiacchiere.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Prendiamo per esempio quelli vantati dalle fontanelle di Asa, gestore idrico della provincia livornese e di una parte delle colline pisane.

Il progetto Acqua "AQ" ha previsto la realizzazione di 17 punti di approvvigionamento idrico - le
fontanelle - che erogano, in sostanza, la stessa acqua normalmente distribuita dall'acquedotto,
che è già buona e sicura poiché controllata quotidianamente. La differenza risiede nel fatto che un
impianto di trattamento interno alla fontanella fa sì che sgorghi acqua particolarmente gradevole
dal punto di vista organolettico. È potabile. È fresca. Le sue caratteristiche chimico-fisiche, microbiologiche e organolettiche sono elevate, è insomma un'acqua più gradevole e meno "dura" rispetto a quella del rubinetto - che è pur sempre potabile - e perciò, in sintesi, più simile alle acque leggere che soprattutto il martellamento pubblicitario ci ha abituati a comprare, tanto che in Italia, a livello di consumo procapite, questa consuetudine è da record mondiale. È un'abitudine che per le famiglie comporta un onere per via dell'acquisto di acqua minerale (infatti una famiglia di 4 persone per questo spende mediamente circa 300 euro all'anno) nonché danni ambientali derivanti dalla produzione e dallo smaltimento di materie plastiche e dai trasporti su gomma in tutta Italia.

La fontanella di via del Gazometro, nel Comune di Livorno, in funzione da oltre un anno (la prima in ATO5 ad essere stata avviata), ha erogato 175 metri cubi. Quindi sono stati prelevati dalla cittadinanza ben 175mila litri di acqua, così risparmiando circa 117mila bottiglie di plastica di acqua minerale da 1,5 litri, il cui costo, considerando 0,30 euro a bottiglia, sarebbe stato di oltre 35mila euro.

Considerato inoltre che, mediamente, una bottiglia di plastica pesa circa 30 grammi, 117mila
bottiglie di plastica di acqua minerale da 1,5 litri, sarebbero state pari a 3,51 tonnellate di plastica messa in circolo: da ciò si evince che solo la fontanella di via del Gazometro, nell'arco di tempo anzidetto (luglio 2009-giugno 2010), ha già determinato una considerevole diminuzione dei rifiuti derivante dal mancato utilizzo di bottiglie diplastica e perciò un minor impatto ambientale.

Prese d'assalto, sempre a Livorno, le altre due fontanelle installate nel marzo scorso ai 3 Ponti e in Coteto (via Torino), rispettivamente con 180mila e 161mila litri erogati, anche se il record spetta a quella di via Fonte di Marmo a Castagneto Carducci, che da dicembre 2009 a luglio 2010 ha erogato ben 468 metri cubi di acqua AQ.

Ricordiamo che Il costo delle fontanelle Acqua "AQ" è stato coperto dalla Regione Toscana, dalle Province di Livorno e Pisa e dai Comuni di ATO5 che hanno preso parte all'iniziativa. ASA, di intesa con AATO5,( e così come hanno fatto molti altri gestori idrici toscani) ha realizzato il progetto, garantendo perciò il sistema di trattamento: l'acqua viene filtrata, debatterizzata, refrigerata, declorata e corretta nella sua salinità, fino a ottenere, appunto, l'acqua "AQ".

L'auspicio dunque è che si prosegua su questa strada, installando nuove fontanelle di alta qualità visto che i soldi investiti in questo senso sono se non altro soldi risparmiati sulla raccolta differenziata e sul riciclo quando va bene, soldi risparmiati sul recupero energetico negli inceneritori quando va male, o nello smaltimento finale in discarica, quando va malissimo. (da Greenreport)

giovedì 12 agosto 2010

SOS Montecristo

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7702&ID_sezione&sezione

Senza decisioni
il paradiso sarà perduto

MARIO TOZZI*
Qual è il futuro dell’isola più famosa del mondo? I nuovi tagli del governo italiano, appena varati, non concedono molte alternative: o l’isola deve essere chiusa per l’impossibilità di esercitare un controllo degno di questo nome - e tanto vale allora blindarla sul serio - oppure tornerà in gioco la speculazione e la volontà di farne albergo di extra lusso per vip e ricchi che non vedono l’ora di violarne la acque trasparenti e i bastioni di granito.

Montecristo è una di quelle isole italiane degne di rilievo mondiale, non solo per il diploma europeo che le è stato conferito per i meriti nella conservazione e tutela dell’ambiente naturale, ma anche perché è l’archetipo dell’isola, l’isola per antonomasia.

Reminiscenze letterarie e la difficoltà di accesso l’hanno resa proibita, e nulla affascina di più al mondo di questa parola. Perfino i quotidiani coreani battono tempestivamente le notizie che riguardano Montecristo, quasi sempre per ribadire che è stata riaperta al pubblico. In realtà l’isola è stata chiusa per decenni e ha funzionato da riserva di caccia per la famiglia reale fino a che non è scampata a progetti di orribili speculazioni edilizie fugati definitivamente da quando è stata ricompresa nel Parco nazionale dell’arcipelago toscano. Ma oggi la situazione rischia di cambiare. I fondi ordinari dei parchi nazionali sono stati ridotti del 50%, cosa che significa, grosso modo, chiudere la metà dei parchi o licenziare la metà dei dipendenti. La situazione è tanto grave che i presidenti dei 23 parchi nazionali minacciano le dimissioni in massa per non rendersi corresponsabili dello scempio che necessariamente seguirà una mutilazione delle risorse talmente pesante da non garantire più alcuna tutela.

La stoltezza di questa manovra non è solo nell’aspetto ambientale: si può pensare che i nostri uomini di governo non abbiano coscienza di cosa significhi proteggere l’ambiente, o che non gliene importi granché, oppure che qualcuno pensi a speculazioni di varia natura. Sta soprattutto nell’aspetto economico: i parchi nazionali attirano ogni anno 95 milioni di presenze (di cui 30 milioni si fermano più di un giorno), con un giro d’affari di 10 miliardi di euro e con un incremento del 15% nell’afflusso turistico rispetto all’anno precedente. I parchi sono cioè un affare d’oro, anzi l’unico che funziona veramente in questi tempi di crisi. Non si riesce a credere che economisti avveduti possano trascurare questo aspetto che ha permesso, fra l’altro, a realtà marginali di acquisire un peso economico notevole grazie alla protezione della natura, come è il caso di paesini come Villetta Barrea e Civitella Alfedena, sconosciuti ai più e oggi fra i maggiori risparmiatori dell’Italia intera. Invece di incrementare quei fondi a 100 milioni di euro l’anno (poco più di due caffè per cittadino italiano ogni dodici mesi), i nostri governanti abbattono a 25 milioni quella dotazione, con un’operazione che non si sa se più suicida o ignorante. In queste nuove condizioni le perle della natura italiana hanno di fronte un bivio: o vengono di nuovo chiuse alle visite e blindate, per non correre rischi di compromissione, o vengono vendute al migliore offerente per fare cassa.

* Presidente del Parco nazionale dell’arcipelago toscano

lunedì 9 agosto 2010

Aeroporto di Ampugnano:GALAXY E’ FUORI : UNA VITTORIA DEI CITTADINI


http://www.comitatoampugnano.it/index02.html


COMUNICATO STAMPA DEL 23 luglio 2010
GALAXY E’ FUORI DALL'AEROPORTO: UNA VITTORIA DEI CITTADINI

Il Comitato contro l'ampliamento dell'aeroporto di Ampugnano saluta con soddisfazione l'annuncio ufficiale dell'uscita di Galaxy Management Services, fondo di private equity con sede in Lussemburgo, dalla società Aeroporto di Siena SpA.
Il Comitato ricorda che Galaxy fu selezionata con una procedura irregolare, in cui una commissione di saggi (su cui pende un'indagine della magistratura) ritenne meritevole il faraonico progetto di ampliamento fino a 700mila passeggeri annui nel 2020, ridimensionato nell'imbarazzo della stessa società aeroportuale e degli amministratori prima a 500mila e poi a 100mila passeggeri annui. Sebbene mancasse l’ approvazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture sia alla procedura di privatizzazione che all'accordo tra soci pubblici e privati, nel 2008 Galaxy entrò abusivamente nel CdA della società aeroportuale, come socio privato di maggioranza, con quattro consiglieri su sette.
L'uscita di Galaxy e il nuovo assetto societario non rappresentano una sconfitta, come lasciato intendere da certa appassionata stampa locale, ma una rivincita della democrazia e della legalità. Una rivincita che è costata caro prezzo a tutti i cittadini senesi: la condotta dissennata di certi amministratori ha sprecato in questi ultimi anni decine di milioni di euro, che potevano servire per servizi di pubblica utilità ben più significativi, come l'ammodernamento della ferrovia o del raccordo Siena-Firenze, infrastrutture fatiscenti usate quotidianamente da migliaia di turisti e cittadini della provincia di Siena.
Riconoscere di aver sbagliato non è segno di debolezza, ma di forza: se l'avessero fatto prima, le Amministrazioni locali avrebbero perso meno soldi e tempo, dimostrando di voler perseguire il bene dei cittadini e non quello di pochi faccendieri senza scrupoli.
La battaglia contro un progetto insensato, illegale e insostenibile (sia dal punto di vista ambientale che economico), è stata vinta da un comitato numeroso, combattivo, vario e variopinto, che raccoglie migliaia di adesioni nella sola provincia di Siena, con il sostegno di importanti associazioni come il WWF, Italia Nostra e Legambiente e con l'aiuto di numerose altre realtà politiche e sociali operanti in ambito locale, nazionale ed europeo.

giovedì 5 agosto 2010

Bandiera nera agli australiani che vogliono trivellare l'arcipelago toscano

http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=6098&cat=Energia&sez=&mod=greentoscana

[ 2 agosto 2010 ] Aree protette e biodiversità | Energia | Inquinamenti

Goletta verde assegna la bandiera nera agli australiani che vogliono trivellare l'arcipelago toscano

LIVORNO. Bandiera nera di Goletta Verde ai petrolieri australiani che vogliono trivellare il mare dell'Arcipelago Toscano.

Il problema è come consegnare la bandiera nera ad una compagnia petrolifera che ha sede a Perth, in Australia, dell'altra parte del mondo. Lo faranno simbolicamente il 9 agosto i "Messaggeri del Mare", Lionel Cardin e Pierluigi Costa, due nuotatori di lunga durata, noti per le loro imprese a scopo benefico.

Goletta Verde arriverà al largo di Pomonte intorno alle 11,00 del 9 agosto e i Massaggeri del Mare la raggiungeranno a nuoto per poi portare simbolicamente la bandiera verso Pianosa, poi, scortati da Goletta Verde e da tutte le imbarcazioni che vorranno partecipare, vireranno verso la vicina Chiessi dove sbarcherà anche l'equipaggio dell'imbarcazione ambientalista per inviare ufficialmente la bandiera nera in Australia, accompagnata da una lettera in italiano ed inglese che chiede alla Key Petroleum di tenere le sue trivelle e le sue piattaforme petrolifere lontano dalle isole e dal mare dell'Arcipelago Toscano.

La storia del petrolio nell'Arcipelago Toscano non è così recente come si crede: già nel 1999 la Puma Petroleum avanzò due istanze di permessi di ricerca. La filiale italiana di questa società britannica è poi stata acquisita dalla Key Petroleum australiana insieme al 100% delle sue 4 concessione esplorativa offshore: 2 al largo di Lampedusa, una in Sardegna e quella dell'Elba Meridionale che «ha 2 pozzi all'interno dell'area di richiesta di concessione di 643 km2, entrambi hanno dimostrato presenza di gas. L'obiettivo primario riguarda gas e possibilmente petrolio all'interno dei carbonati mesozoici». La Key dice esplicitamente di aver comprato la Puma in Italia, per poter avere «una continua estensione della sua credibilità presso vari ministeri ed istituzioni governative con i quali l'impresa coopera per l'avanzamento dei propri progetti».

L'Area di Applicazione "Elba d 91 E.R-.PU" va delle coste sud dell'isola fino quasi a Montecristo, inglobando il mare protetto di Pianosa, proprio dove tre comuni elbani hanno chiesto di vietare il transito alle petroliere ed alle navi pericolose. Un'area grande tre volte l'Elba, terza isola italiana, in pieno Santuario dei cetacei, sulla rotta delle balenottere e nelle zone più frequentate dai delfini, dove le trivellazioni dovrebbero essere vietate, anche perché interessano due delle aree marine protette tra le più integre del Mediterraneo: Pianosa e Montecristo. La Key sostiene che «Le relazioni di valutazione dell'impatto ambientale per ciascuna area sono attualmente sottoposte alla valutazione del Ministero per l'Ambiente e la Key è in attesa del responso finale e dell'approvazione da parte del Ministero». I petrolieri australiani operano già, da soli o in joint venture, al largo di Tanzania, Suriname e Namibia e spiegano che «L'obiettivo aziendale a breve termine consiste nel creare riserve petrolifere da trivellazione che possano essere rapidamente messe in produzione».

Umberto Mazzantini, responsabile Isole Minori di Legambiente, spiega: «L'idea di consegnare la Bandiera Nera agli australiani a Chiessi, uno dei più piccoli ed integri Paesi dell'Elba, ci è venuta dai Messaggeri del Mare che ci hanno chiesto cosa potevano fare per contribuire alla battaglia contro le trivellazioni petrolifere offshore nell'Arcipelago Toscano. Abbiamo trovato molto suggestiva l'idea di Lionel e Pierluigi di contrapporre alla sporca violenza petrolifera che si vorrebbe fare al nostro mare la loro forte e calma passione per il mare, il loro nuotare sicuro nell'acqua profonda che considerano la fonte di vita e di benessere, fisico e psichico. Anche per questo invitiamo tutti a partecipare il 9 agosto, a cominciare da quegli Amministratori comunali elbani che hanno già approvato ordini del giorno contro le trivellazioni offshore, perché da Pomonte e Chiessi, dall'Elba, parta un forte NO al petrolio. Le nostre isole che vivono di turismo e non hanno bisogno che la loro economia venga messa a rischio da colonizzatori petroliferi, come è successo agli albergatori, agli operatori turistici ed ai pescatori del Golfo del Messico con l'ecocidio della marea nera BP».