venerdì 23 dicembre 2011

Indagine euromobility : «Preoccupanti i dati sull'inquinamento di Firenze»


da FIAB FirenzeInBici *

L'associazione FIAB FirenzeInBici  osserva con preoccupazione i dati emersi dall'indagine di Euromobility  sulla mobilità sostenibile, con particolare riferimento ai dati sull'inquinamento. La situazione fiorentina, rispetto alle altre 49 città italiane non è certo rosea, dal momento che risulta la peggiore in assoluto per le concentrazioni di biossido d'azoto (NO2) e in ottava posizione per le concentrazioni di PM10, con un numero di giorni di sforamento che supera il doppio del limite consentito. 

Ma la cosa più preoccupante è che nei tre anni presi in esame dall'indagine si osserva una tendenza all'incremento per entrambi gli inquinanti, invece che una diminuzione. Questa è la prova provata del fatto che le politiche per la lotta all'inquinamento sono assolutamente inefficaci. Del resto Firenze brilla per l'assenza di un sistema di Bike Sharing e per l'insuccesso del Car Sharing che in due anni è passato da 31 veicoli, comunque un'inezia, ad appena 22.
A Firenze è quindi assolutamente necessario ridurre l'utilizzo dei mezzi privati a motore in favore della bicicletta e del mezzo pubblico. Esigenza che si evidenzia anche nei dati di Euromobility, che danno il tasso di motorizzazione di Firenze in crescita, laddove invece diminuisce nella maggior parte delle città italiane, sia grandi (Roma, Milano e Torino) che di dimensioni più simili a Firenze (come Bologna, Padova e Verona). Occorrono quindi più piste ciclabili e rastrelliere, serve un'accelerazione sul versante delle reti tramviare e maggiore integrazione intermodale, con parcheggi scambiatori e sistema di bike sharing.
 
·         da Greenreport           21 dicembre 2011

domenica 18 dicembre 2011

Boschi certificati PEFC: i numeri in Italia

di Erika Facciolla *

 Sapevate che ognuno di noi, in Italia, ‘possiede’ circa 200 alberi? Ebbene sì, i boschi sono il nostro più prezioso e grande patrimonio naturale (circa 12 miliardi distribuiti in tutto il paese. Fonte: Corpo Forestale dello Stato) e mai come negli ultimi tempi la tutela e la corretta gestione delle aree boschive sta diventando un argomento sempre più ricorrente anche nella cronaca recente.
Le vittime delle alluvioni che hanno duramente colpito laToscana, la Liguria e ultimamente la Sicilia, infatti, sono la triste conseguenza di una cattiva gestione forestale perpetrata per anni sul territorio e aggravata dalla tropicalizzazione del clima anche nel bacino del Mediterraneo.
Gli alberi, infatti, non rappresentano una riserva inesauribile di ossigeno, ma hanno l’importante compito di contenere le precipitazioni, fortificaregli argini dei fiumi e dare ospitalità e nutrimento agli animali. Malgrado lo sviluppo urbano sia inarrestabile, negli ultimi 50 anni la superficie boschiva nel nostro paese è più che raddoppiata (complice l’abbandono di molte aree rurali) e tra le specie più diffuse spiccano il faggio (tipico dei versanti appenninici) e il pino rosso, simbolo per eccellenza dei boschi alpini.

Per accelerare il progetto di tutela e gestione virtuosa delle aree boschive italiane, nell’ultimo anno è aumentato notevolmente il numero dei boschi a marchio PEFC (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes), il sistema di certificazione assegnato alle foreste gestite in modo sano e sostenibile.
Il marchio PEFC assicura, cioè, che la foresta non sparirà mai e che per ogni albero tagliato ne verrà piantato un altro per garantire la continuità del ciclo vitale dell’ecosistema. Il legno proveniente da un bosco PEFC, inoltre, è lavorato nel pieno rispetto dei diritti socialie lavorativi dell’uomo e delle norme di sicurezza a tutela del lavoratore.
Attualmente in Italia sono certificati 773.667 ettari di foresta, che corrispondo all’ 8,5% della superficie totale a bosco; 744.538 con lo schema PEFCe 59.456 con quello FSC (Forest Stewardship Council, ente che garantisce la provenienza ecosostenibile del legno), oltre a 28.925 ettari con doppia certificazione PEFC-FSC.
Il legno proveniente da foreste certificate PEFC E FSC è per lo più utilizzato nel settore immobiliare/abitativo, ma grazie all’attività delle 1300 aziende specializzate nella trasformazione di questo materiale, la tendenza è destinata senz’altro a crescere e differenziarsi ulteriormente. Una bella boccata d’aria per l’ambiente e un buon affare anche per le nostre finanze…

 13 dicembre 2011                                     SCOPRI: Le 10 Foreste più a rischio nel mondo


lunedì 28 novembre 2011

Acqua ‘salata’ a Firenze: dopo il referendum i cittadini invece di rispamiare pagano di più

La beffa legata al caso Publiacqua, società pubblica al 60% (la parte privata è controllata dalla politica di ogni colore): la gente risparmia sui consumi, ma deve sborsare anche per quello che non ha utilizzato

Il numero uno di Publiacqua, Erasmo D’Angelis, con il suo mentore politico, il sindaco di Firenze Matteo Renzi
L’Ambito territoriale ottimale (Ato) numero 3 del Medio Valdarno (territorio che comprende le 4 province di Firenze, Prato, Pistoia e Arezzo), ha riconosciuto per i prossimi 10 anni al gestore Publiacqua una remunerazione sul capitale investito con un tasso del 7%, che ammonta in totale alla cifra di 294 milioni di euro. A questa cifra occorre aggiungere che gli utenti hanno già pagato in tariffa remunerazioni e ammortamenti per investimenti non effettuati per un valore di 38,4 milioni di euro. Altri 46 milioni dovranno essere resi a Pubbliacqua che li pretende per i minori consumi effettuati rispetto alle previsioni.

A denunciare la situazione, scagliandosi contro la holding Pubbliacqua e l’acquiescenza di alcuni sindaci di Ato3 è Piera Ballabio, capogruppo della lista civica Libero Mugello nel Comune di Borgo San Lorenzo. “Abbiamo esaminato nel dettaglio – afferma – la terza revisione tariffaria approvata il 17 dicembre 2010 dai sindaci che compongono Ato3. Con il documento, la maggioranza dei sindaci ha respinto la richiesta del comune di Firenze di prorogare al 2026 la concessione del servizio a Publiacqua. La revisione è stata poi allegata definitivamente ad una delibera del consiglio di amministrazione dell’Ato del 22 luglio 2011, approvata quindi dopo l’esito referendario, senza che vi sia stato il benché minimo accenno ai cambiamenti introdotti dal risultato delle urne”.
Oltre al danno, la beffa. I cittadini che si sono visti costretti a pagare di tasca loro la remunerazione del capitale (accordata a Pubbliacqua fino al 2021, anno in cui scade la concessione) e le spese per gli ammortamenti su investimenti non effettuati hanno pensato che la cifra sborsata in eccedenza gli venisse restituita nei prossimi anni. E’ successo invece l’esatto contrario: i risparmi sui consumi di acqua effettuati dai cittadini (3 milioni di metri cubi nel 2002, 4 nel 2004, 2 nel 2009) hanno smentito le previsioni di entrata di Publiacqua e così ai 14,70 milioni di euro, resi nel triennio appena trascorso, si aggiungono 46,2 milioni, che gli utenti stanno rendendo e renderanno nei prossimi tre anni.
Numeri di tutto rispetto, insomma, che stupiscono ancora di più se si pensa che Publiacqua, una società che vanta un fatturato da 160 milioni di euro, è pubblica al 60%. La quota restante è in mano alla Spa Acque Blu Fiorentine, un partner privato di cui Acea Spa detiene il 68,99%. Le altre quote sono delle Spa Ondeo Italia (22,83%), Mps Investments (8%). Il residuo 0,18% è detenuto dal CCC (Consorzio cooperative costruzioni) di Bologna, da Vianini lavori (società per azioni controllata dalla holding Caltagirone Spa) e dal Consorzio toscano cooperative (CTC).

A farla da padrone, tra i soci privati, è Acea, una delle principali multiutility italiane. La società, quotata in Borsa dal 1999, è il primo operatore nazionale nel settore idrico, il terzo nella distribuzione di elettricità e nella vendita di energia e il quinto nel settore ambientale. Il gruppo, che conta oltre 6.700 dipendenti, è a maggioranza pubblica: il Comune di Roma infatti ne detiene il 51%. Della restante quota il 15% è di Francesco Gaetano Caltagirone, l’11,5 della francese Suez Environnement (di cui il colosso GDF Suez S.A. è azionista al 35%), il 22,4% invece è diviso tra numerosi azionisti minoritari.
Se si analizza l’organigramma societario di Acea balzano agli occhi i nomi di due degli uomini d’oro dell’acqua italiana. A capo della società è stato messo, per volere del sindaco di Roma Gianni Alemanno, Giancarlo Cremonesi (ex-presidente dell’associazione dei costruttori romani), ora presidente di Confservizi, della Camera di commercio romana e di Unioncamere. Amministratore delegato di Acea è Marco Staderini, ex-consigliere Rai e presidente e amministratore di Lottomatica, in quota Udc. La sua nomina è stata sostenuta da Alemanno e da Caltagirone: Staderini è nome gradito a Pier Ferdinando Casini, genero di Caltagirone. Come una nomina ai vertici di Acea è d’area casiniana, così la poltrona più importante di Pubbliacqua è occupata da Erasmo D’Angelis, vicino al sindaco di Firenze Matteo Renzi. Il presidente della partecipata che gestisce le risorse idriche di Ato3 e serve 49 Comuni in cui abita un terzo della popolazione regionale (circa 1 milione 277 mila abitanti) è un giornalista professionista. D’Angelis è stato capo della redazione fiorentina de il Manifesto e in passato ha portato avanti diverse battaglie all’interno di Legambiente, salvo poi sposare il progetto della variante di valico. In politica è sceso a fianco della Margherita, di cui è stato consigliere regionale in Toscana. Oggi D’Angelis è un sostenitore di un altro ex della Margherita, il primo cittadino di Firenze Matteo Renzi. Insieme a lui, a dar forza al blocco del rottamatore, si sono schierati due pilastri di Legambiente: il senatore Roberto Della Seta e l’onorevole Ermete Realacci. Il sostegno accordato a Renzi non ha tardato a dare i suoi frutti: terminato l’incarico in Regione, il sindaco fiorentino ha messo D’Angelis a capo di Pubbliacqua.

La partita che si gioca sull’acqua nel territorio toscano dell’Ato3 non può che attirare nuovi investitori privati: i cittadini consumano meno, ma pagano di più. L’affare c’è, e lo sanno bene gli attuali gestori della cordata fiorentina-romana. Ballabio, dati alla mano, parla di un futuro non esattamente roseo per le tasche dei cittadini che vivono nell’area gestita da Pubbliacqua: “Il risultato finale di questa terza revisione tariffaria è la crescita continua della tariffa nei prossimi dieci anni: nel 2021 l’acqua costerà il 33,7% in più, la fognatura sarà aumentata del 102,2% e la depurazione del 33,3%”.

 ( da Il Fatto Quotidiano )

sabato 26 novembre 2011

Brevetto sul broccolo: Frenata dell’EPO


Il 26 ottobre l’ Ufficio Europeo dei Brevetti ha annullato all’ultimo momento l’udienza per la decisione finale riguardante il brevetto sul broccolo in mano alla Monsanto, decretando in tal modo la validità di tale brevetto, e provocando un’ondata di protesta tra cittadini, agricoltori, associazioni e molte istituzioni europee …

Il broccolo era stato scelto sin dal 2008 come “caso giuridico” in base al quale si sarebbe deciso se era o non era lecito per l’EPO rilasciare brevetti su piante e animali riprodotti con metodi tradizionali (non geneticamente modificati); brevetti che  andavano contro la stessa direttiva europea CE98/44, detta “dei brevetti sul vivente una illecita estensione della privatizzazione del patrimonio genetico del pianeta, una minaccia al diritto più fondamentale dei popoli: quello alla sicurezza e alla sovranità alimentare.
Era ben poca dunque  la speranza che l’ 8 novembre - giornata in cui l’EPO avrebbe dovuto emanare la seconda sentenza in programma, quella sul brevetto sul pomodoro in mano al Ministro dell’agricoltura israeliano - le cose sarebbero andate meglio. Considerando che l’EPO ha già rilasciato negli ultimi anni un centinaio di brevetti su organismi riprodotti con metodi tradizionali non si osava sperare che vi fosse una decisione ad essi sfavorevole.
 
Invece a sorpresa  l’EPO ha tirato oggi un freno d’emergenza e si è preso un momento di riflessione prima di decidere su quello che è stato sempre indicato come il secondo “caso giuridico”: il brevetto sul pomodoro. L’EPO ha deciso di non recare al momento un ulteriore danno alla sua immagine! La sua  “Technical Board (Corte Tecnica) ha deciso di rinviare un’altra volta il quesito all’Alta Corte d’Appello!
Secondo Christoph Then , portavoce della coalizione “NO patents on seeds”: “ Non dobbiamo correre il rischio di credere che questa sia una soluzione finale per i brevetti sulle piante e animali riprodotti in modo tradizionale: conosciamo le contraddizioni abituali dell’EPO … tuttavia va detto che fino ad oggi nessun caso era mai stato rinviato due volte all’Alta Corte d’Appello. Bisogna credere che l’EPO inizi a temere un deterioramento eccessivo della sua immagine
 
( notizie tratte da Equivita )

lunedì 21 novembre 2011

Chi è il neo ministro dell'Ambiente


Chi è dunque Corrado Clini, nuovo ministro dell'Ambiente? A chi abbia seguito le vicende del gabinetto negli ultimi vent'anni, il nome non suonerà affatto nuovo. Clini ha avuto il ruolo di direttore generale del ministero dell'Ambiente fin dal 1990, e nel corso degli anni ha navigato nelle alterne fortune e nelle varie vicende che hanno coinvolto il dicastero.
Già nell'89, ancor prima di iniziare la sua carriera dirigenziale, Clini assumeva un ruolo di rilievo nella vicenda dei rifiuti pericolosi italiani sversati in Libano dalle aziende lombarde e quindi riportati in Italia dalla nave Jolly Rosso. In quell'occasione fu il primo a rassicurare gli italiani sull'innocuità dell'operazione, sostenendo che bruciare due copertoni avrebbe causato maggior inquinamento.
Per anni si è occupato della vicenda di Acna di Cengio, la zona nei pressi di Savona devastata dall'inquinamento causato da un'attività industriale sfrenata, che venne bonificata a partire dai primi anni Novanta e fu al centro di uno scandalo a causa dei rifiuti "magicamente spariti" dall'area, che in realtà erano stati sversati apertamente nei pressi del fiume Bormida.
Clini è stato anche indagato, fra il 1996 e il '97 per via dell'inquinamento prodotto da un inceneritore della società svizzera Thermoselect. Difeso dall'avvocato Taormina, riuscì a far trasferire il processo dalla procura di Verbania al Tribunale di Roma, dopo di che la sua posizione fu archiviata.
Proprio la posizione sull'incenerimento dei rifiuti è uno dei punti che convince meno nella figura del neo ministro dell'ambiente. Ecco cosa sosteneva sulle campagne anti-inceneritori in un'intervista rilasciata al sito dell'Agi Energia: “Queste polemiche sulla mancanza di sicurezza ambientale degli impianti di termovalorizzazione non hanno alcun fondamento. È un pregiudizio, non è una contestazione di merito”. E concludeva, sempre con riferimento agli inceneritori “In Campania ne servono, così come in Sicilia, in Puglia, nel Lazio, in Liguria: per essere chiari, dove non ci sono servono”.

Altro punto dolente riguarda il nucleare. Clini è il curatore del rapporto Verso la strategia nucleare dell'Italia, datato settembre 2010. Vi si possono leggere affermazioni come le seguenti: “tra le energie pulite il nucleare, insieme all’efficienza energetica ed alle rinnovabili, ha un ruolo decisivo, perché è disponibile, è efficace, è la tecnologia avanzata di riferimento per le economie che si stanno muovendo con maggiore velocità verso la nuova green economy”; oppure “il nucleare contribuisce in modo significativo alla sicurezza energetica dell’Europa”; o infine “in questo contesto la ripresa del nucleare in Italia […] può dare una scossa a tutta l’Europa”……

(da:  Il cambiamento.it )

lunedì 14 novembre 2011

Maxiemendamento: quanto ci costa la stabilità. Ecco il testo integrale

di Leonardo Iacobucci *

Il testo del maxiemendamento: la ricetta della stabilità, e soprattutto su chi e quanto pesa.

Innanzitutto la prima cosa che balza agli occhi a chi scorra velocemente “l’indice” è che ci sono talmente tanti provvedimenti non aventi nulla a che fare con la crisi che verrebbe voglia di citare Di Pietro nella sua massima più nota. E sinceramente io non credo a chi sostiene che “ce lo impone l’Europa” ; è verissimo che, per come è stato costruito l’euro (strumento utile ma fatto male) siamo praticamente governati dalla BCE, ma è pur vero che non vedo come, ad esempio, possa interessare il nostro sistema pensionistico alla BCE stessa. Ci hanno, a torto o a ragione, semplicemente chiesto di risanare il debito pubblico. Ma se l’Italia un giorno si svegliasse (quando???) e decidesse di iniziare a ridurre il debito pubblico eliminando davvero la marea di privilegi ingiusti, applicando un sistema fiscale più equo e redditizio per le casse dello Stato e combattendo efficacemente l’evasione fiscale, non credo che la BCE avrebbe qualcosa da ridire.

Ma andiamo con ordine (limitatamente ai punti più interessanti).

All’art. 4 bis troviamo il tema pensioni: in sostanza cresce l’età per andare in pensione. Nel 2026 sarà di 67 anni.

Art. 4 ter: dismissione del patrimonio pubblico. In altre parole lo Stato è ai saldi di fine stagione. Si finirà, come già successo numerose volte sotto governi di ogni colore politico, per svendere beni a favore di privati che poi li riaffitteranno a Stato ed enti pubblici (se l’Inps vende lo stabile dove si trova non può certo mettere i suoi sportelli sotto un gazebo). Ci troveremmo, nel giro di pochissimi anni, azzerato il tesoretto (già svalutato) proveniente dalle vendite stesse. (NB. I beni di valore inferiore ai 400.000 euro sarano alienati con TRATTIVA PRIVATA!).

Art. 4 quinquies: riduzione del debito pubblico degli enti locali (vendite di beni e tagli a servizi, in sostanza).

Art. 4 sexies: contiene «Liberalizzazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica». Vi ricorda niente? Tipo ad esempio il servizio idrico? Si, proprio quello per il quale milioni di italiani si sono pronunciati a giungo dichiarandosi contrari alla privatizzazione.

Art. 4 undecies : c.d “burocrazia zero”. In teoria dovrebbero essere aiuti per cittadini e nuove imprese. In realtà di chiaro ed evidente ci sono solo disposizioni, ad esempio, che agevolano l’evasione fiscale tramite la possibilità per le SRL di redigere i loro bilanci tramite uno “schema semplificato” o che riducono di fatto gli organi di controllo societari.

Art. 4 terdecies: si prevede la mobilità per i dipendenti pubblici che lavorano in enti o uffici in eccedenza di personale. L'amministrazione deve verificare la «ricollocazione totale o parziale del personale» in altri uffici compresi nell'ambito della stessa Regione, anche ricorrendo a strumenti di flessibilità di orario o a contratti di solidarietà. I dipendenti che non possono essere ricollocati vanno "in disponibilità" con un'indennità dell'80% e l'indennità integrativa speciale per un massimo di 24 mesi.

Art. 4 quinquiesdecies e sexiesdecies: incentivi di defiscalizzazione per le infrastrutture. Peccato che ci sia un intero articolo dedicato alla Tav Torino-Lione: si stabilisce anche il reato grave (ai sensi dell art.682 del codice penale, arresto da tre mesi a un anno) per chi si introduca nel cantiere o ostacoli il passaggio allo stesso. Il cantiere diventa sito militare.

Art. 4 noviesdecies: lavoro, giovani e donne. Tre anni di azzeramento contributivo per le piccole imprese che utilizzano giovani con contratti di apprendistato, facilitazione per l’occupazione femminile, e norme per rilanciare il telelavoro. Per finanziare gli interventi è previsto l’aumento di un punto per i contributi della gestione separata (quella dei co.co.co e dei co.co.pro). Cioè per far lavorare i soggetti più deboli si tassano di più i soggetti più deboli che già lavorano. Mi sembra giusto!

Art. 4 quinquies et vicies: spese di giustizia. In sostanza aumentano vertiginosamente le spese legali nei processi.

Infine, per farla breve, per quei pochi che sono arrivati a legger fin qui, il testo contiene anche:

-Carburanti: aumentano le accise.
-Terremoto dell’Aquila: i terremotati dovranno restituire le tasse sospese dal 1°gennaio 2012 per un importo del 40% e in 120 rate. Umbria e Marche ebbero trattamento analogo, ma cominciarono a restituire le tasse sospese dodici anni dopo il sisma, non tre.

-Anas: dal 1° gennaio 2012 trasferisce tutte le sue partecipazioni a Fintecna.

* da asinichevolano.altervista.org             12 novembre 2011

mercoledì 2 novembre 2011

Cosa non funziona nel governo del territorio regionale e nazionale?

di Renzo Moschini *
La magistratura indagherà sulle  responsabilità degli amministratori per i disastri con vittime che hanno colpito la Liguria e la Toscana. Chi amministra, a partire dalle regioni colpite e dalle forze politiche con maggiori responsabilità di governo, deve invece ‘indagare' seriamente su cosa non va e perché nella gestione del territorio (che non riguarda solo le risorse assolutamente inadeguate). Gaia Checcucci, segretario generale dell'Autorità di Bacino dell'Arno, ha dichiarato a Repubblica che ha 105 milioni in cassa per mettere l'Arno in sicurezza, ma per ragioni varie non riesce a spenderli perché i progetti non vanno avanti.
Di inadeguato ci sono inoltre anche altre cose spesso niente affatto nuove, ma che finora non si saputo o voluto affrontare seriamente. Anche il magistrato che ha sorvolato le zone disastrate   ha detto di essere rimasto colpito da come il cemento aveva invaso aree dove non si doveva assolutamente costruire. Ma le cause non stanno solo nel cemento e nel consumo spaventoso di territorio. Tanto è vero che il ministro dell'agricoltura Romano parlando proprio in questi giorni della PAC (la nuova politica agricola comunitaria) ha detto che le nuove regole previste farebbero chiudere le aziende di 10 ettari. E l'abbandono della campagna e delle attività agricole è spesso la causa delle frane e degli smottamenti di cui stiamo parlando.

La novità - se così si può dire - è che questa volta il disastro ha riguardato pesantemente anche territori interni a parchi ed aree protette famose e comunque funzionanti che dovrebbero trovarsi in maggiore sicurezza. Aree comunque non invase dal cemento. Bacini e parchi dotati in questo caso di strumenti di pianificazione e comunque di controllo non limitati a quelli comunali o provinciali (quando ci sono). Evidentemente c'è qualcosa che non gira a dovere se neppure due leggi così importanti come quella sul suolo ( la 183) e quella nazionale sui parchi ( la 394) a cui vanno aggiunte nel caso delle due regioni colpite le leggi regionali sempre sulle aree protette, non sono state sufficienti. Prendiamo il Magra, un fiume che riguarda entrambe le regioni che però ha una unica autorità di bacino a cui si aggiunge un parco regionale ligure -quello di Montemarcello-Magra- mentre sulla sponda toscana operano soltanto un paio di ANPIL ossia aree protette di interesse  comunale previste dalla legge toscana. Ecco una prima evidente contraddizione già oggetto anche nella passata legislatura regionale di qualche discussione che non approdò però a niente. Ricordo, infatti, un incontro proprio ad Aulla dove si discusse di questa situazione evidenziando come le due ANPIL non potevano garantire lo stesso impegno di un parco regionale e che quindi sarebbe stato opportuno valutare o la istituzione  di un parco interregionale (sul modello di quelli nazionali che proprio in quell'area operano sul territorio Tosco -Emiliano) o comunque di un parco regionale che offrisse la ‘sponda' adeguata a quello ligure. Non se ne fece di niente e non mi risulta che qualcuno con le nuove giunte regionali abbia ripreso il discorso.

Con i parchi i comuni che ne fanno parte possono disporre di una voce in capitolo nella gestione del territorio che altrimenti non avrebbero. Penso ai nulla osta che devono essere rilasciati dal parco anziché dai singoli comuni e quindi con una visione d'insieme che può essere riconducibile ad un piano di bacino o di parco. Nel caso  toscano la situazione è poi peggiorata quando nella passata legislatura inopinatamente i nulla osta  sono stati sottratti ai parchi. Della nuova legge regionale che avrebbe dovuto  rimediare anche a questo vulnus di cui si parla  ormai da alcuni anni, non abbiamo però notizia. Ecco alcuni nodi - solo alcuni - resi anche più acuti dalla situazione determinatasi nei  bacini con le ultime modifiche alla legge sul suolo che ne hanno ulteriormente complicato il lavoro, rendendoci - tanto per cambiare - anche inadempienti nei confronti di disposizioni comunitarie riguardanti proprio la gestione delle acque.
Ecco perché tra i danni a cui far fronte va messo nel conto la gestione regionale e nazionale di queste politiche resa peraltro più precaria e traballante dalle crescenti incertezze ed anche decisioni sul ruolo dei diversi livelli istituzionali; comunità montane, province, piccoli comuni, autorità di bacino e parchi, tutti alle prese non soltanto con i pesanti tagli finanziari ma anche con la ridefinizione del loro ruoli sempre che ne abbiano o debbano averne.

Le istituzioni - ed anche il partito che in Toscana come in Liguria ha cosi rilevanti responsabilità di governo - non può cavarsela con qualche comunicato di solidarietà o dichiarazione degli ecodem. E non possiamo certo aspettare che tra le 100  idee di cui si è chiacchierato alla Leopolda ce ne sia qualcuna anche su questi temi che finora non mi pare abbiano interessato granché, sicuramente molto meno delle primarie.

* da greenreport   2 novembre 2011

venerdì 28 ottobre 2011

Ancora uno scempio di acqua e fango


di Mauro Parigi *
La concentrazione di pioggia è stata particolare ed è l'ennesimo segnale di un clima cambiato. Ma è indubbio che abbiamo molte cose da ripensare per quanto riguarda modi e forme di utilizzazione dei suoli.
E' inutile girare intorno al problema: l'urbanizzazione è il problema, l'urbanizzazione confusa, spontanea, fuori dalle regole  per causa di una lunga trafila di condoni che ha esteso e consolidato il disordine, sono l'aggravante.
Potremo dilungarci nella ricerca delle responsabilità, ma è scarsamente produttivo.
Dobbiamo invece procedere con profonde innovazioni, nei comportamenti amministrativi e politici, nella cultura urbanistica, nella cultura generale. Non ci sono alternative, se non vogliamo continuare a fare l'elenco, anno dopo anno, di disastri per fortuna localizzati (ma sempre disastri), di perdite umane ed economiche.
Forse però può valere definire una lista di cose da fare per consegnarla ai responsabili politici, per invocare un "cambio di rotta" senza equivoci, per quanto ci si renda perfettamente conto degli interessi anche enormi e contrastanti che agiscono sul territorio.
Proviamoci:
  • 1. Incentivazione dell'agricoltura, della nascita di nuove imprese agricole anche requisendo terreni di proprietà privata ma abbandonati, come funzione essenziale di riordino territoriale oltre che alimento di filiere corte a scapito dei condizionamenti economici delle grandi lobby del settore agroalimentare;
  • 2. Individuazione di strumenti ed incentivi per la riorganizzazione degli insediamenti in aree periurbane per recuperare "naturalità", corretto e controllato convogliamento delle acque, per liberare fossi, corsi d'acqua e fiumi (in alveo e nelle dirette pertinenze) da ogni tipo di condizionamento fisico;
  • 3. Individuazione di strumenti ed incentivi per il recupero, il consolidamento, se utile anche la densificazione di aree urbanizzate per bloccare o limitare l'espansione urbana (per esempio rendere strutturale, non con scadenza temporale e non soggetta a procedure complesse quanto previsto dalla recente modifica ed integrazione della legge regionale 1/2005 articoli da 74 a 74 sexies - piani di rigenerazione urbana);
  • 4. Superamento di valutazioni astratte, potremo dire "romantiche", degli strumenti urbanistici, e definizione di contabilità facilmente controllabili ed intellegibili da tutti supportando queste modalità con un riordino di competenze che produrrebbe anche una qualificazione della spesa pubblica (tanto per esemplificare che senso ha il piano strutturale di Capraia Isola che è tutta ricompresa nel parco nazionale dell'arcipelago toscano, o di Rio nell'Elba?, meglio un piano di assetto generale di livello sovracomunale unito a quadri conoscitivi, ad un sistema informativo territoriale che potrebbero ben essere la missione delle province se non scompaiono, un piano che fissa i parametri essenziali di occupazione di suoli e di edificabilità ammissibile definendo innanzi tutto dove non si può costruire;
  • 5. Riordino delle scuole di architettura perché ci sono sempre meno esperti in urbanistica e ambiente e troppi "amanti" del progetto edilizio;
  • 6. Consolidamento di forme di imposizione fiscale come il contributo di bonifica per garantire effettivamente attività di manutenzione dei corsi d'acqua e del territorio in generale;
Ovviamente ci possono essere molte altre cose da fare, come spostare la produzione di ricchezza dall'investimento immobiliare, agricolo o industriale che sia.
Da qualche parte bisogna partire e bisogna che qualche regione parta.

La Toscana da questo punto di vista ha tradizione e potenzialità.
Giusto dire come fa il Governatore Rossi che qualcuno ha sbagliato, ad Aulla, in questo caso, come altrove, ma può e deve, per capacità ed esperienza, dimostrare che è giunto il momento di avere coraggio, che altre strade sono perseguibili; forse servono più i medici condotti dell'urbanistica che professori. E occorre ricordare come alla fine degli anni settanta fu proprio la congiunzione di esperti e professori, di "medici condotti" e della buona politica, ad aprire le porte a quella straordinaria stagione dell'urbanistica toscana - vera avanguardia internazionale - che condusse con le leggi 10/1979 e 59/1980 alla salvaguardia attiva della campagna toscana e dei centri storici.
È retorico domandare se ci possiamo sperare, non è retorico insistere perché ciò accada.

* da Greenreport    28 ottobre 2011


mercoledì 26 ottobre 2011

Prevenzione dimenticata


di Mario Tozzi *

Buoni ultimi in Europa, gli italiani sembrano scoprire, nell’autunno 2011, che il regime delle piogge è cambiato. Non ci sono più le pioggerelline invernali, né le rugiade primaverili. No, qui deflagrano vere e proprie bombe d’acqua.

Bombe d’acqua che scaricano in poche ore la stessa quantità di pioggia che un tempo cadeva in qualche mese. Quasi 130 mm di pioggia a Roma (con due vittime) in un paio d’ore, una vittima nel Salernitano, 140 mm in una sola ora alle Cinque Terre e ancora dispersi. Peccato che le alluvioni istantanee (flash-flood) siano ormai da tempo diventate la regola nel nostro Paese e investano anche bacini fluviali minori. Questo non è più il tempo delle grandi piene del Polesine o dell’Arno: nell’Italia del terzo millennio tocca e toccherà sempre più all’Ofanto, piuttosto che al Brachiglione. Le bombe d’acqua sono figlie del clima che si surriscalda e si estremizza: più energia termica a disposizione dei sistemi atmosferici significa maggiore possibilità di eventi fuori scala rispetto al passato. Ma tutto peggiora quando, anziché guardare in terra, si continua a osservare il cielo nella speranza che il fato non sia avverso. L’esempio della Liguria è eclatante: le alluvioni in quella sottile striscia di terra sono e saranno la regola a ogni pioggia un po’ più grave del solito.

 Per forza: quando si costruisce fino dentro gli impluvi fluviali, il terreno viene reso impermeabile e non assorbe più la pioggia che, invece, si precipita nei corsi d’acqua, ormai non più commisurati a quelle precipitazioni. Così arrivano le alluvioni, dovute alla nostra scarsa conoscenza della dinamica naturale e al mancato rispetto delle regole: se si leva spazio al fiume, il fiume prima o poi se lo riprende. E hai voglia a sturare i tombini a Roma o a decretare lo stato di calamità (che non andrebbe assolutamente favorito, perché si deve operare in prevenzione, non in emergenza) a La Spezia: sono solo palliativi che rimandano alla prossima occasione. Se non si liberano i fiumi dell’aggressione cementizia, se non si rispettano le regole di un territorio così fragile e giovane come quello italiano e se, peggio, si favorisce l’abusivismo anche attraverso sciagurati piani casa e ancor più sciagurati condoni, il problema non si risolverà mai.

Ma proprio questo è il punto: nessun decisore politico si impegna nella manutenzione del territorio attraverso piccole opere diffuse. Tutti sperano di lucrare consenso con l’ennesimo ponte inutile o l’ennesimo raddoppio di strada. Così non si opera nell’interesse della popolazione e si degrada il territorio al rango dei Paesi del Terzo mondo, mentre si hanno ambizioni da sesta potenza industriale del pianeta. Le perturbazioni investiranno le solite zone ad alto rischio: l’Alto Lazio, la Campania, la Calabria e Messina. E ascolteremo le solite litanie e giustificazioni, magari appellandosi all’eccezionalità dell’evento che, però, non è ormai più tale. Non si può vivere a rischio zero, è vero, ma, non avendo fatto nulla, non ci si dovrebbe nemmeno lamentare.
* La Stampa      26 ottobre 2011

martedì 11 ottobre 2011

Alimentazione curativa


L'associazione 1virgola618    vi propone
Corso sulle proprietà terapeutiche degli alimenti

Firenze 21 (pomeriggio), 22 e 23 ottobre 2011
Seminario teorico aperto a tutti
destinato a coloro che hanno a cuore il proprio e l'altrui benessere,
attraverso la consapevolezza quotidiana della scelta di sani alimenti, di una buona cucina e di una corretta alimentazione come prevenzione alle disarmonie del corpo e della mente;
e ai terapeuti naturali che ne vogliono approfondire l'aspetto curativo.
Il corso è propedeutico - per non dire necessario - alla frequentazione del corso di Terapie Naturali Integrate che si terrà il 3, 4 e 5 febbraio 2012 a Firenze

Relatore: Dr. Demetrio Iero

Come nozioni introduttive del corso verranno date le indicazioni di base dell'alimentazione naturale; evidenziati i principi fondamentali e le differenze tra la dottrina vitalistica e la dottrina meccanicistica; verrà spiegato il trattamento sintomatico e il trattamento di terreno.
Passeremo poi nel vivo della tematica del corso parlando di dietoterapie, delle proprietà curative dei digiuni. Indicati gli alimenti acidi e quelli alcalini, gli alimenti yin e gli alimenti yang, gli alimenti a polarità minus e gli alimenti a polarità plus. La trattazione continua con le acque:minerali, oligominerali, sante, caricate con frequenze em, leuroniche.
Gli oli d’oliva, di semi, ecc. e i loro effetti sulla salute. Gli zuccheri e le sostanze dolcificanti. I sali alimentari e quelli terapeutici. Le vitamine contenute nei cibi. Quali minerali, oligoelementi e sali di Schussler è meglio assumere. Le proteine animali e vegetali. Si parlerà dei cereali (con glutine e non) e delle loro proprietà specifiche. Largo spazio verrà dato ai legumi, alle verdure, agli ortaggi e alla frutta. I succhi e i germogli.Verranno fornite indicazioni pratiche sulla cottura dei cibi. Parleremo di allergie ed intolleranze alimentari insegnando a riconoscerne i sintomi.
Informazioni ed iscrizioni
Gianna 349 4248355 begin_of_the_skype_highlighting            349 4248355      end_of_the_skype_highlighting     info@1virgola618.it
 

La Versilia contro l'inceneritore di Pietrasanta e la Veolia


lettera al  blog di Beppe Grillo

Mi chiamo Cittadino, ma anche Daniela, Cinzia, Stefania, Andrea, Valerio, Amos, Beppe, Enrico, Massimiliano, Barbara, Marino. Non so quanti nomi ho! Abito in una splendida terra chiamata Versilia che ha gli stessi problemi di centinaia di altri posti d'Italia, solo che per me è una terra speciale, ci sono nato, ci abito e la voglio difendere ad ogni costo. 
La storia inizia qualche decennio fa, costruirono un inceneritore che bruciava di tutto a cielo aperto, fu chiuso dopo anni. Nella stessa zona, Pietrasanta, arrivò un folle ordine dall'alto, molto alto, altissimo. Costruirono un altro inceneritore, più grosso, più potente; ma assicurarono tutti, sarebbe stato il fiore all'occhiello della tecnologia, “l'impianto più controllato d'Italia e d'Europa”. Era ovvio, già nel 1997 sapevo che così non sarebbe stato, provai a far ragionare il Sindaco, il presidente della Provincia di Lucca, il presidente della regione Toscana, il Prefetto, la Polizia, ma non ne volevano sapere, non ascoltavano, sordi. Non mollai, il giorno dell'inizio dei lavori di costruzione dell'impianto mi sedetti davanti all'ingresso del cantiere, eravamo in tanti, bambini, adulti e anziani...tutti inermi, tutti zitti. Un signore con la fascia tricolore disse di alzarmi dalla Mia Terra altrimenti sarebbe intervenuto. Ma per fare cosa e perché? Ci bastonarono, portati via di peso e denunciati. Tu ripeti spesso la frase “Noi non molleremo mai”, io l'ho ripetuta ogni giorno da 14 anni, ho speso tutto il tempo libero e gran parte dei miei risparmi, sono stato deriso dalla politica di turno, umiliato nelle decine di incontri pubblici e manifestazioni che ho organizzato, ho contattato esperti di analisi ambientale, trovato avvocati che mi hanno difeso pretendendo solo i costi dei bolli, tante persone degne. Ti lascio immaginare ciò che ho passato, sapevo di avere ragione, vedevo e continuo a vedere persone che si ammalano di cancro.

Un anno e mezzo fa sono riuscito a far sequestrare l'impianto, si è già svolto un processo per alcuni dipendenti che manomettevano i dati delle emissioni inquinanti, hanno patteggiato, sono stati condannati. Il 13 ottobre sarà la volta degli altri, la Veolia, la multinazionale francese che gestisce l'inceneritore metterà in campo tutti i suoi mastini ma io continuerò a “non mollare”. Voglio giustizia, pretendo che mi restituiscano la mia Terra come l'hanno trovata, lo devo a chi ha lottato, a chi si è ammalato, alle generazioni future e a tutti quei cittadini e comitati che in questo momento stanno vivendo le stesse situazioni. Non mollate!".

Associazione per la tutela Ambientale della Versilia
Co.As.Ver. (coordinamento di comitati e associazioni versiliesi)
Grilli Versiliesi (Meetup 91)

ndr: Veolia è la multinazionale francese originariamente nata per la gestione di numerose attività nel mondo nel settore dell'acqua ma che si estende ormai  in tutti i settori di servizi ambientali ed anche di trasporto. Ha recentemente stretto accordi con FFSS Italia nel settore Alta Velocità  ferroviaria.

giovedì 6 ottobre 2011

Edilizia: 839 Comuni con regolamenti urbanistici energeticamente virtuosi


L'Osservatorio nazionale regolamenti edilizi per il risparmio energetico (Onre) di Legambiente e Cresme hanno presentato oggi al Saie in corso alla fiera di Bologna una ricerca che da quattro anni fotografa il cambiamento in atto nella filiera delle costruzioni, a partire dalle novità introdotte nei regolamenti edilizi comunali per spingere una maggiore attenzione alla sostenibilità e qualità del costruire


I parametri presi in considerazione nell'analisi sono: isolamento termico, utilizzo di fonti rinnovabili, efficienza energetica degli impianti, orientamento e schermatura degli edifici, materiali da costruzioni locali e riciclabili, risparmio idrico e recupero acque meteoriche, isolamento acustico, permeabilità dei suoli e effetto isola di calore. A partire da quest'anno sono state introdotte nuove valutazioni: prestazioni dei serramenti,  contabilizzazione del calore e certificazione energetica, «A sottolineare come nei Regolamenti Edilizi convergono aspetti tecnici e procedurali e vi s'incrociano competenze in materia di urbanistica, edilizia ed energia di Stato, Regioni e Comuni».
Dal rapporto emerge un'edilizia sempre più sostenibile nei Comuni italiani: «Sono 839, infatti, le realtà locali che hanno deciso negli ultimi cinque anni di modificare i propri regolamenti edilizi per inserire nuovi criteri e obiettivi energetico-ambientali in modo da migliorare prestazioni e qualità del costruito - dicono Onre e Cresme -  Una spinta dal basso e in costante crescita (erano 705 nel 2010 e 557 nel 2009), visto che nei primi 9 mesi del 2011 sono ben 134 le nuove amministrazioni che sono intervenute sui regolamenti edilizi».
Cresme e Legambiente sottolineano che «Nei territori dove sono in vigore questi strumenti innovativi vivono complessivamente oltre 20 milioni di cittadini, in città grandi e piccole».
Le buone pratiche edilizie sono più diffuse nei Comuni del centro-nord, ma i regolamenti urbanistici energeticamente virtuosi cominciano a crescere anche al sud, in particolare in alcune zone di Campania, Puglia e Sardegna.


Il rapporto evidenzia che «Al nord, in valori assoluti, è la Lombardia a mostrare la quantità più elevata di Comuni (223) seguita dall'Emilia-Romagna (121), Veneto (87) e Piemonte (64). Tra le norme regionali che spingono la certificazione e l'efficienza energetica, sono da segnalare le Province Autonome di Trento e Bolzano dove si è stabilito che per tutte le nuove costruzione la classe B è quella minima obbligatoria e dove la certificazione energetica è oggi una pratica diffusa e regolata secondo criteri precisi a cui seguono controlli e sanzioni. La Regione Emilia-Romagna che fissa obblighi per l'installazione di solare termico e fotovoltaico, per l'allacciamento a reti di teleriscaldamento e stabilisce limiti di trasmittanza per i nuovi edifici; ma anche Lombardia e Piemonte che impongono l'uso di energie rinnovabili per la produzione di acqua calda sanitaria, prevedono controlli e sanzioni per la certificazione energetica, la schermatura delle superfici vetrate nei nuovi edifici e limiti di trasmittanza delle pareti».


L'Onre a dicembre presenterà il bilancio finale con il Rapporto 2011 sull'innovazione energetica in edilizia, ma intanto l'osservatorio di Legambiente fornisce alcuni dati: «L'isolamento termico è tra i punti fondamentali da affrontare per il contenimento dei consumi energetici delle abitazioni ed è l'unico parametro affrontato in almeno un Comune per Regione. Sugli 839 Comuni individuati, sono 608 quelli che prevedono obblighi sull'isolamento termico degli edifici. Anche il ricorso a tetti verdi inizia ad essere inserito nei Regolamenti Edilizi con 31 Comuni, tutti in Lombardia, dove per le nuove edificazioni è obbligatorio realizzare parte della copertura con "tetti giardino" per un miglior isolamento termico, stessa pratica incentivata in altri 20 Comuni. Per quanto riguarda i serramenti ad alta efficienza l'obbligo è previsto in caso di sostituzione dei vecchi o di realizzazione di nuovi edifici in 278 Comuni. Utilizzo fonti rinnovabili: risultati particolarmente importanti sono quelli raggiunti dalle energie rinnovabili. Infatti in ben 459 Comuni italiani si obbliga l'installazione di pannelli solari termici, mentre in 482 diventa obbligatorio per i nuovi edifici allacciare pannelli fotovoltaici». 
L'efficienza energetica in edilizia vede 312 amministrazioni locali che incentivano o obbligano all'allacciamento a una rete di teleriscaldamento, l'uso di pompe di calore o il collegamento a impianti di cogenerazione per il riscaldamento e la climatizzazione estiva delle case. «In particolare sono 164 i Comuni in cui, se presente, si fa obbligo di allacciare gli edifici alla rete di teleriscaldamento».


Per quanto riguarda l'orientamento e schermatura degli edifici «Sono 431 i Comuni che nei loro regolamenti affrontano il tema dell'orientamento e/o ombreggiatura delle superfici vetrate. In 15 vi è un esplicito divieto di costruire edifici o singole abitazioni con un unico affaccio verso nord».
In 382 Comuni i regolamenti edilizi prendono in considerazione l'origine dei materiali e l'energia impiegata per la loro produzione. 324 amministrazioni promuovono l'uso di materiali di provenienza locale, naturali e riciclabili o con un lungo ciclo di vita, per 27 Comuni questo tipo di richiesta diventa obbligatoria. 
Lo studio evidenzia che «Un aspetto molto considerato è quello della risorsa idrica. Infatti il recupero delle acque piovane, principalmente per l'irrigamento di giardini, ed il risparmio idrico, sono resi obbligatori in 463 Comuni italiani».
235 Comuni hanno deciso di affrontare il problema del corretto isolamento acustico negli edifici: «Di questi, 158 prevedono un limite preciso alle emissioni acustiche da rispettare, 44 prevedono incentivi qualora si raggiungano livelli di isolamento acustico particolarmente elevati». 


Un altro problema urbano sono le isole di calore e secondo il rapporto «sono 188 i Comuni che trattano la permeabilità dei suoli nei loro regolamenti edilizi, punto fondamentale per impedire l'incremento delle temperature nella aree urbane, noto come effetto "isola di calore", e di conseguenza per evitare un sempre crescente bisogno di impianti di climatizzazione nei mesi estivi. In particolare, il Comune di Bolzano ha introdotto, dal 2004, un indice di certificazione della qualità dell'intervento edilizio rispetto alla permeabilità del suolo e del verde (il Rie, Riduzione dell'impatto edilizio). La certificazione è obbligatoria per tutti gli interventi edilizi, sia residenziali sia produttivi».   
Edoardo Zanchini, responsabile energia e urbanistica di Legambiente, ha spiegato che «I regolamenti edilizi comunali rappresentano sempre di più uno snodo fondamentale del processo edilizio e del cambiamento in corso nel modo di progettare e costruire in Italia. Questi risultati dimostrano che l'innovazione in questo settore sta andando avanti ma va accompagnata da una chiara politica nazionale che spinga a fare dell'edilizia un settore di punta della green economy, capace di creare lavoro e di riqualificare le città italiane. La sfida che abbiamo di fronte è di portare l'intero settore delle costruzioni a raggiungere gli obiettivi fissati dall'Unione Europea al 2021. Quando tutti i nuovi edifici dovranno essere progettati e costruiti in modo tale da avere bisogno di una ridotta quantità di energia per il riscaldamento e il raffrescamento, e in ogni caso prodotta da fonti rinnovabili. I regolamenti edilizi comunali sostenibili e le tante buone pratiche diffuse nelle città italiane dimostrano che l'obiettivo è raggiungibile e potrebbe permettere di aprire una nuova fase per il settore delle costruzioni, chiudendo definitivamente i conti con la stagione dell'abusivismo edilizio e del consumo di suolo dissennato».
da Greenreport   6 ottobre 2011

lunedì 3 ottobre 2011

Marcia Perugia-Assisi: la mozione finale


                                                  Principi
Primo. Il mondo sta diventando sempre più insicuro. Se continuiamo a spendere 1.6 trilioni di dollari all'anno per fare la guerra non riusciremo a risolvere nessuno dei grandi problemi del nostro tempo: la miseria e la morte per fame, il cambio climatico, la disoccupazione, le mafie, la criminalità organizzata e la corruzione. Se vogliamo uscire dalla crisi dobbiamo smettere di fare la guerra e passare dalla sicurezza militare alla sicurezza umana, dalla sicurezza nazionale alla sicurezza comune. 
Secondo. Se vogliamo la pace dobbiamo rovesciare le priorità della politica e dell'economia. Dobbiamo mettere al centro le persone e i popoli con la loro dignità, responsabilità e diritti.
Terzo. La nonviolenza è per l'Italia, per l'Europa e per tutti via di uscita dalla difesa di posizioni insufficienti, metodo e stile di vita, strumento di liberazione, strada maestra per contrastare ogni forma d'ingiustizia e costruire persone, società e realtà migliori.
Quarto. Se vogliamo la pace dobbiamo investire sulla solidarietà e sulla cooperazione a tutti i livelli, a livello personale, nelle nostre comunità come nelle relazioni tra i popoli e gli stati. La logica perversa dei cosiddetti "interessi nazionali", del mercato, del profitto e della competizione globale sta impoverendo e distruggendo il mondo. La solidarietà tra le persone, i popoli e le generazioni, se prima era auspicabile, oggi è diventata indispensabile.
Quinto. Non c'è pace senza una politica di pace e di giustizia. L'Italia, l'Europa e il mondo hanno bisogno urgente di una politica nuova e di una nuova cultura politica nonviolenta fondata sui diritti umani. Quanto più si aggrava la crisi della politica, tanto più è necessario sviluppare la consapevolezza delle responsabilità condivise. Serve un nuovo coraggio civico e politico.
Sesto. Se davvero vogliamo la pace dobbiamo costruire e diffondere la cultura della pace positiva. Una cultura che rimetta al centro della nostra vita i valori della nostra Costituzione e che sappia generare comportamenti personali e politiche pubbliche coerenti. Per questo, prima di tutto, è necessario educare alla pace. Educare alla pace è responsabilità di tutti ma la scuola ha una responsabilità e un compito speciali.


                                                              Proposte e impegni
1. Garantire a tutti il diritto al cibo e all'acqua.
E' intollerabile che ancora oggi più di un miliardo di persone sia privato del cibo e dell'acqua necessaria per sopravvivere mentre abbiamo tutte le risorse per evitarlo. Ed è ancora più intollerabile che queste atroci sofferenze siano aumentate dalla speculazione finanziaria sul cibo, dall'accaparramento delle terre fertili, dalla devastazione dell'agricoltura e dalla privatizzazione dell'acqua.
2. Promuovere un lavoro dignitoso per tutti.
Un miliardo e duecento milioni di persone lavorano in condizioni di sfruttamento. Altri 250 milioni non hanno un lavoro. 200 milioni devono emigrare per cercarne uno. Oltre 12 milioni sono vittime della criminalità e sono costrette a lavorare in condizioni disumane. 158 milioni di bambine e di bambini sono costretti a lavorare. Occorre ridare dignità al lavoro e ai lavoratori, giovani e anziani, di tutto il mondo.
3. Investire sui giovani, sull'educazione e la cultura.
Un paese che non investe, non valorizza e non dà spazio ai giovani è un paese senza futuro. La lotta alla disoccupazione giovanile deve diventare una priorità nazionale. Investire sulla scuola, sull'università, sulla ricerca e sulla cultura vuol dire investire sulla crescita sociale, politica ed economica del proprio paese.
4. Disarmare la finanza e costruire un'economia di giustizia.
La finanza, priva di ogni controllo internazionale, sta mettendo in crisi l'Europa politica e provoca un drammatico aumento della povertà. Bisogna togliere alla finanza il potere che ha acquisito e ripristinare il primato della politica sulla finanza. Occorre tassare le transazioni finanziarie, lottare contro la corruzione e l'evasione fiscale e ridistribuire la ricchezza per ridurre le disuguaglianze sociali.
5. Ripudiare la guerra, tagliare le spese militari.
La guerra è sempre un'inutile strage e va messa al bando come abbiamo fatto con la schiavitù. Anche quando la chiamiamo con un altro nome è incapace di risolvere i problemi che dice di voler risolvere e finisce per moltiplicarli. Promuovere e difendere sistematicamente i diritti umani, investire sulla prevenzione dei conflitti e sulla loro soluzione nonviolenta, promuovere il disarmo, contrastare i traffici e il commercio delle armi, tagliare le spese militari e riconvertire l'industria bellica è il miglior modo per aumentare la nostra sicurezza.
6. Difendere i beni comuni e il pianeta.
Se non impariamo a difendere e gestire correttamente i beni comuni globali di cui disponiamo, beni come l'aria, l'acqua, l'energia e la terra, non ci sarà né pace né sicurezza per nessuno. Nessuno si deve più appropriare di questi beni che devono essere tutelati e condivisi con tutti. Urgono istituzioni, politiche nazionali e internazionali democratiche capaci di operare in tal senso. Occorre ridurre la dipendenza dai fossili, introdurre nuove tecnologie verdi e nuovi stili di vita non più basati sull'individualismo, la mercificazione e il consumismo.
7. Promuovere il diritto a un'informazione libera e pluralista.
Un'informazione obiettiva, completa, imparziale, plurale che mette al centro la vita delle persone e dei popoli è condizione indispensabile per la libertà e la democrazia. Sollecita la partecipazione alla vita e alle scelte della collettività; favorisce la comprensione dei fenomeni più complessi che attraversano il nostro tempo, promuovere il dialogo e il confronto, costruisce ponti fra le civiltà, avvicina culture diverse, diffonde e consolida la cultura della pace e dei diritti umani.
8. Fare dell'Onu la casa comune dell'umanità.
Tutti nelle Nazioni Unite, le Nazioni Unite per tutti. Se vogliamo costruire un argine al disordine internazionale, i governi devono accettare di democratizzare e rafforzare le Nazioni Unite mettendo in comune le risorse e le conoscenze per fronteggiare le grandi emergenze sociali e ambientali mondiali.
9. Investire sulla società civile e sullo sviluppo della democrazia partecipativa.
Senza una società civile attiva e responsabile e lo sviluppo della cooperazione tra la società civile e le istituzioni a tutti i livelli non sarà possibile risolvere nessuno dei grandi problemi del nostro tempo. Rafforzare la società civile responsabile e promuovere la democrazia partecipativa è uno dei modi più concreti per superare la crisi della politica, della democrazia e delle istituzioni.
10. Costruire società aperte e inclusive.
Il futuro non è nella chiusura in comunità sempre più piccole, isolate e intolleranti che perseguono ciecamente i propri interessi ma nell'apertura all'incontro con gli altri e nella costruzione di relazioni improntate ai principi dell'uguaglianza e alla promozione del bene comune. Praticare il rispetto e il dialogo tra le fedi e le culture arricchisce e accresce la coesione delle nostre comunità. I rifugiati e i migranti sono persone e come tali devono vedere riconosciuti e rispettati i diritti fondamentali.


Queste priorità devono essere portate avanti da ogni persona, a livello locale, nazionale e globale, in Europa come nel Mediterraneo.
Per realizzarle abbiamo innanzitutto bisogno di agire insieme con una strategia comune e la consapevolezza di avere un obiettivo comune.
Per realizzarle abbiamo bisogno di dare all'Italia un governo di pace e una nuova politica, coerente in ogni ambito, e di investire con grande determinazione sulla costruzione di un'Europa dei cittadini, federale e democratica, aperta, solidale e nonviolenta e di una Comunità del Mediterraneo che, raccogliendo la straordinaria domanda di libertà e di giustizia della primavera araba, trasformi finalmente quest'area di grandi crisi e tensioni in un mare di pace e benessere per tutti.


Assisi, Rocca Maggiore, 25 settembre 2011