giovedì 7 ottobre 2010

Verdi al 20% in Brasile e Lettonia

Elezioni in Brasile: 20% allla verde Marina Silva

da http://www.gruppocinqueterre.it/node/668
Di Massimo Marino
E’ ormai certo che sarà il secondo turno, il 31 Ottobre, a decretare il 36° Presidente della Repubblica Federale Democratica del Brasile che avrà un ruolo da protagonista sul palcoscenico internazionale con il Mondiale di Calcio 2014 e le Olimpiadi del 2016.
Contestualmente alle elezioni presidenziali del 3 ottobre si è votato anche per il rinnovo della Camera dei Deputati ( 513 seggi) e del Senato (54 degli 81 membri); si eleggono anche i governatori dei 26 stati brasiliani e del Distretto Federale (27 in totale). A contendere la vittoria a Dilma Rousseff, ( Partido dos trabalhadores - PT) che non ha superato il 50%, ( ferma al 47%) sarà il socialdemocratico José Serra, (PSDB) dalle radici calabresi (32%); non ci sono partiti formalmente di destra . Dilma Rousseff ha vinto in 18 dei 27 Stati del paese, José Serra in 8 e la verde Marina Silva in uno, il Distretto Federale della capitale Brasilia.
Il Brasile deve scegliere il successore di Lula, e per la prima volta nella sua storia dovrebbe eleggere una donna. La Rousseff, designata da Lula, non più ricandidabile dopo 2 mandati, è molto nota perché, di famiglia molto agiata, partecipò a fine anni ’60 alla lotta armata all’interno del Movimento per la Liberazione (COLINA), scelta che si deve anche alle letture di Regis Debray, amico di Fidel Castro, da pochi anni affermato leader di Cuba; nel 1970 venne arrestata, torturata per 22 giorni, liberata dopo quasi 2 anni.
La vera sorpresa dei risultati del primo turno di ieri però, non è stata la candidata delfina di Lula e probabile prossima presidentessa brasiliana, Dilma Rousseff ma Marina Silva, ex ministro dell'ambiente del governo Lula, candidata ambientalista del partito dei Verdi.(PV).
Marina Silva è nata in una "colocação" (case di legno construite su palafitte) nel Seringal. Prima cameriera, poi diventata sindacalista, si impegna nella causa ambientale, fino a diventare la più stretta collaboratrice di Chico Mendes, fondatore del movimento dei "seringueiros", i raccoglitori di caucciù dell'Amazzonia contrari alla deforestazione. Quando Mendes è assassinato da grandi possidenti, la Silva ne rileva la lotta e il titolo di ambientalista più famosa del Brasile. Nel 2007, riceve il premio “Champions of the Earth “ dell'Onu. Popolarissima, nel 1990 è la deputata più votata del Brasile, e di nuovo nel 1994 è eletta senatrice per il PT con il maggior numero di voti del Paese.
Nel 2003, con l'elezione di Luiz Inacio Lula alla presidenza della Repubblica fu nominata Ministra dell'Ambiente. Da allora fu costantemente al centro di vari scontri con altri membri del governo, quando gli interessi economici si contrapponevano alla difesa dell'ambiente. Marina Silva affermò che dalla rielezione del presidente Lula, alla fine del 2006, alcuni progetti importanti della sua gestione ministeriale, come la creazione di aree protette in Amazzonia, erano stati di fatto bloccati. Durante il primo governo Lula (2003- 2006), erano stati protetti 24 milioni di ettari di verde, poi solo 300.000 ettari nel 2007. Negli ultimi anni di governo aumentarono le divergenze su problemi ambientali con la collega di governo Dilma Rousseff.
Marina Silva denunciò le pressioni da parte di Blairo Maggi e di Ivo Cassol, rispettivamente governatori di Mato Grosso e di Rondonia, per rivedere le misure cautelative contro i disboscamenti dell'Amazzonia.
Nel 2007 un movimento apartitico di cittadini, denominato "Movimento Marina Silva Presidente", iniziò a sostenere pubblicamente la possibilità di una candidatura di Marina Silva alla presidenza della Repubblica. Tale movimento ebbe ripercussioni a livello internazionale: il Partito verde europeo insistette affinché il Partito Verde Brasiliano invitasse la Silva ad entrare nel partito. Il 19 agosto 2009, Marina Silva ha annunciato la sua uscita dal PT. Marina dichiarò che la decisione era stata sofferta e la paragonò all'abbandono della casa dei genitori 35 anni prima.
Marina che è di religione protestante, ha ricevuto anche il voto convinto di parte della comunità evangelica, molto lontana dalle posizioni considerate abortiste e pro-matrimonio gay della Rousseff.
Ma soprattutto ha raccolto il frutto di un impegno che la vede da anni in prima linea sul fronte ambientalista in un paese cruciale come il Brasile: il 20% dei brasiliani l'ha premiata per essere stata tra le più strenue nemiche degli interessi economici che stanno distruggendo l' Amazzonia, il polmone verde del pianeta. Impegno che nel 2008 la indussero alle dimissioni da ministro: l'ultima ferita inferta alla sua amata foresta fù la ripresa dei lavori per la gigantesca diga di Belo Monte, già bloccati negli anni '80 in seguito a una mobilitazione mondiale a cui parteciparono anche molti divi occidentali - tra i quali Sting.
Marina Silva era un mito prima di essere scelta come candidato alle elezioni presidenziali per il PV: ora, visto il successo a sorpresa di ieri, è diventata protagonista della politica di Brasilia, e sarà probabilmente l'ago della bilancia nel ballottaggio La Silva ( praticamente ignorata dai media italiani), ha superato la barriera del 20%, incassando un mare di consensi soprattutto nel dipartimento federale della capitale Brasilia. Nei giorni prima del voto bastava digitare “Marina43” o “Voto Consciente” in Twitter per capire che l’impeto degli studenti e della classe media progressista che usano Internet e danno un appoggio critico al governo fosse tutto per lei.
Il più votato alle elezioni politiche di ieri in Brasile è però un clown: Tiririca, amatissimo pagliaccio delle tv brasiliane, che ha ottenuto una valanga di voti nel PR, partito alleato di Lula: più di 1,1 milione.
“ Tu sai cosa fa un deputato federale? - ha ripetuto nella sua campagna elettorale il commediante, compositore, cantante e umorista – “ Non lo so neppure io, ma vota per me che poi ti racconto “. Tiririca ammette tra l'altro pubblicamente che quando sarà deputato, prima cercherà di aiutare la sua famiglia e dopo i poveri del Brasile: “Votate il deputato vestito da pagliaccio: molto meglio di questi pagliacci vestiti da deputato “. Con qualche vaga allusione al recente scandalo di corruzione che ha coinvolto la capo gabinetto e braccio destro della Rousseff, Erenice Guerra ed a Josè Roberto Arruda il governatore uscente e non ricandidabile del Distretto Federale della capitale Brasilia, dopo il suo coinvolgimento in uno scandalo di corruzione alla fine del 2009.
Fin dai primi dibattiti nella nottata, gli analisti si chiedevano se il Brasile è alle porte di una nuova “ondata verde “ guidata proprio dall'ex ministro dell'ambiente di Lula. Il primo turno si è chiuso con una grande delusione per la Rousseff e per Lula: il quale dovrà difendersi dalle critiche per aver scommesso tutto sulla Rousseff, che ha di fatto mancato il suo primo appuntamento politico di rilievo a livello nazionale. Comunque anche il Brasile sembra entrato nel nuovo secolo ed alla ricerca di nuovi paradigmi per disegnare il proprio futuro.
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Grande vincitore delle elezione in Lettonia è anche Aivars Lembergs, il sindaco di Ventspils, la più ricca e florida città della Lettonia, situata sulla costa occidentale. Proprio nella regione costiera di Kurzeme il ZZS, il partito dei verdi e degli agricoltori che candidava premier Lembergs ed è attualmente alleato di governo di Dombrovskis, ha riscosso una grande affermazione, che gli ha permesso di raggiungere a livello nazionale il 19%.

da : http://www.ilpost.it/2010/10/03/risultato-elezioni-lettonia-centrodestra/

Il centrodestra vince le elezioni in Lettonia
Il partito conservatore guidato da Valdis Dombrovskis ha ottenuto la maggioranza relativa
Si è fermato al 26 per cento il partito russofilo di Jānis Urbanovičs, favorito nei sondaggi pre-elettorali

Valdis Dombrovskis, il trentanovenne primo ministro conservatore lèttone, è il vero vincitore delle elezioni per il rinnovo del Parlamento della Lettonia. Saskanas Centrs, il partito filorusso di tendenza socialdemocratica, che tutti i sondaggi dall’estate ad oggi davano in testa, ha subito un’inattesa battuta d’arresto. Jānis Urbanovičs, leader di SC, dunque non sarà il primo premier filorusso della Lettonia dal crollo dell’Urss. Toccherà con ogni probabilità nuovamente a Valdis Dombrovskis ad assumere la guida del nuovo governo lèttone. Questi i verdetti più significativi delle elezioni legislative che si sono svolte ieri in Lettonia.

Vienotiba (Unità), il partito del premier Dombrovskis, ha ottenuto la maggioranza relativa con circa il 30%, un risultato sorprendente, non solo perché Dombrovskis, da un anno alla guida del paese, ha dovuto mettere in atto negli ultimi dodici mesi una politica decisamente impopolare, fatta di lacrime e sangue, per evitare la bancarotta della Lettonia, ma anche perché le elezioni europee dello scorso anno e la clamorosa vittoria alle elezioni per il sindaco di Riga di Saskanas Centrs sembravano aver aperto la strada per un’affermazione del partito filorusso anche in queste elezioni legislative (in Lettonia quasi il 30% della popolazione è russofona).
Evidentemente l’elettorato lèttone si è ricompattato di fronte alla minaccia di una forza politica filorussa che per la prima volta si presentava con una fondata possibilità di conquistare il potere nel paese, ma probabilmente ha anche premiato il grande sforzo di risanamento del bilancio dello Stato che la compagine governativa guidata da Dombrovskis ha intrapreso.
L’altro grande vincitore delle elezione è Aivars Lembergs, il sindaco di Ventspils, la più ricca e florida città della Lettonia, situata sulla costa occidentale. Proprio nella regione costiera di Kurzeme il ZZS, il partito dei verdi e degli agricoltori che candidava premier Lembergs ed è attualmente alleato di governo di Dombrovskis, ha riscosso una grande affermazione, che gli ha permesso di raggiungere a livello nazionale il 19%.
Il successo della coalizione di governo è completato dal buon risultato dei nazionalisti di Tēvzemei un Brīvībai (Per la patria e la libertà), che riescono a superare la soglia di sbarramento conquistando il 7.5%.
Le forze che hanno sostenuto il governo escono quindi con il 57% da questa tornata elettorale, risultato che consente a Dombrovskis di contare in una maggioranza abbastanza ampia in Parlamento (sono 100 i deputati del Parlamento lèttone), necessaria per continuare nella severa opera di risanamento dell’economia del paese.
La Lettonia è alle prese con la restituzione di un maxi prestito di 7,5 miliardi di euro che il FMI ha concesso l’anno scorso per salvare il paese dal fallimento, e c’era apprensione nei mercati finanziari internazionali per una possibile affermazione dei filorussi di Saskanas Centrs. Un governo guidato da SC avrebbe rimesso in discussione gli impegni presi da Dombrovskis sulla strada del risanamento, e sul mantenimento delle politiche di integrazione nell’Unione Europea perseguite dall’attuale governo, con l’obiettivo di entrare nell’euro a partire dal 2014.

I delusi di queste elezioni sono dunque le opposizioni, Saskanas Centrs e Par Labu Latviju (Per una buona Lettonia), che appena un anno fa avevano invece ottenuto una grande vittoria nella tornata elettorale che accoppiava le europee e le amministrative, riuscendo a conquistare il governo della capitale Riga, con Nils Ušakovs primo sindaco russofilo di Riga.
Saskanas Centrs (Centro dell’Armonia), con quasi il 26% è il secondo partito, conquista molti seggi in Parlamento e visibilità nel paese, ma è un risultato che non permette a Jānis Urbanovičs, leader di SC, di aspirare alla poltrona di primo ministro. SC si afferma comunque come una presenza importante e ormai ben identificata nella difesa degli interessi della popolazione russofona della Lettonia, che sembra aver scelto definitivamente di appoggiare una forza più moderata e costituzionale come SC, rispetto ai partiti estremisti e radicali russofoni.
Pessimo risultato per il vicesindaco di Riga Ainārs Šlesers, candidato premier di Par Labu Latviju, partito liberale guidato da un gruppo di imprenditori e possibile alleato di SC in Parlamento, che ottiene solo il 7,5%.
Rimangono fuori dal nuovo Parlamento gli estremisti russi di PCTVL che ottengono solo il 1,4%. Un vero crollo, rispetto al 9% ottenuto alle Europee dello scorso anno.
Resta comunque il paradosso di un paese in cui esistono enclavi con forte maggioranza di popolazione russofona, come nella regione di Latgale, dove Saskanas Centrs ottiene il 45% dei consensi, e nella stessa capitale Riga dove SC si conferma primo partito con il 39%.

Dunque l’opzione più probabile alla riapertura dei lavori parlamentari, che per la prima volta avranno solo cinque partiti rappresentati, appare la riproposizione di un governo sostenuto dall’attuale maggioranza di centro-conservatore, Vienotiba, ZZS e Tēvzemei un Brīvībai, con la riconferma di Valdis Dombrovskis premier, anche se poi nel Parlamento lèttone qualsiasi alleanza e maggioranza variabile è sempre possibile, compresa quella della grande coalizione, con Vienotiba e Saskanas Centrs a condividere, in un governo di ampia maggioranza, le dure politiche economiche che il paese necessita, e per non isolare del tutto in Parlamento una forza così vasta, che rappresenta la parte russofona del paese, una possibilità che Dombrovskis ha tenuto aperta nelle prime dichiarazioni subito dopo il voto. Un’altra eventualità sussurrata nelle ultime ore sarebbe quella di un appoggio esterno di SC al governo di Dombrovskis in cambio della presidenza di alcune commissioni parlamentari.
In ogni caso il voto di ieri descrive una Lettonia che sostiene il lavoro compiuto in questo ultimo anno da Dombrovskis, che da parte sua sa quanto resti ancora difficile il suo compito. “Non c’è ragione di essere euforici di fronte a questa vittoria, ci attende un duro lavoro” è stata la sua prima affermazione dopo il successo di ieri notte.

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