Da Mauro Aurigi:
Caro Pietro Del Zanna, ti ringrazio per la comunicazione.
Quello che scrivete lo condivido, a dirla tutta, dagli anni ’80, quando, alla morte di Enrico Berlinguer, uscii dal PCI dove ero entrato nel ‘68 quando Enrico proclamò lo strappo dall’URSS. Da allora non ho più votato (solo tre eccezioni: la mia candidatura a sindaco nel 2001, e l’elezione di Franca Rame nel 2006 e di Pancho Pardi nel 2008).
Salvo imprevisti parteciperò all’incontro, ma voglio dirti subito su quali basi: sono quelle di cui a un documento che ho contribuito a stendere e che ti trascrivo di seguito. Ciao (e scusa la logorrea).
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Relazione letta all’
INCONTRO NAZIONALE DEGLI AMICI DI BEPPE GRILLO
Roma, 20-21 settembre 2008
Mauro Aurigi e Michele Pinassi del Meetup di Siena
I partiti di massa (anche quelli estinti da tempo come il partito giacobino), nascono tutti sulla base di principi di grande contenuto morale e ideale per poi degenerare nel più vergognoso dei modi. Perfino il documento di fondazione del partito fascista (Piazza Sansepolcro a Milano, 1919) aveva contenuti avanzati in gran parte ancora oggi accettabili (e comunque accettati perfino dal Pci dall’esilio francese nel 1936). E perfino la Chiesa (fu subito un partito anch’essa fin dalle origini), che pure su principi morali ha basato la sua esistenza come nessun altro movimento, ha alle spalle una storia terribile e un presente nient’affatto edificante. Ciò dipende dal fatto ineludibile che appena un partito riesce ad affermarsi si scatenano conflitti e congiure interne, spesso senza esclusione di colpi, per conquistarne il controllo. E’ una lotta fratricida in cui immancabilmente prevale o prevalgono i soggetti più avidi, cinici, disinvolti e sleali: nello scontro tra “fratelli” è sempre Caino che uccide Abele (si pensi al confronto tra D’Alema e Occhetto). La selezione interna al partito è quindi sempre una selezione viziosa, mai virtuosa. Il detto che “l’unico politico buono è il politico morto” non è una battuta: da sempre il politico buono a 33 anni finisce crocifisso dai propri “fratelli”.
Così succede che alla fine il concetto “il partito è lo strumento e lo stato è il fine” si rovescia: il partito (o chi lo controlla) diventa il fine e lo stato diventa lo strumento. Il partito o il sistema dei partiti finiscono così per rappresentare la massima minaccia per la democrazia e per il quieto vivere di una comunità. Ogni partito infatti ha in sé il germe della tirannia, del dispotismo, anche se fa della democrazia la sua bandiera: alla fine esso punta sempre alla sconfitta totale di ogni avversario e alla conquista totalitaria di ogni potere istituzionale. Fenomeni come il bolscevismo, il nazismo e il fascismo non furono la negazione del sistema dei partiti come solitamente si dice, ma la vittoria di un partito su tutti gli altri portata alle estreme conseguenze. Non c’è partito infatti che si accontenti della conquista del 50% più uno dei voti. Tutti mirano alla conquista di un consenso quanto più possibile vicino al 100%: puntano ossia alla soppressione di ogni altro partito e alla dittatura di fatto di colui o di coloro che del partito vincente hanno conquistato il controllo. Queste sono le uniche ossessioni dei politicanti, senza eccezione. Questioni come il bene comune o l’interesse generale, che pure infestano i loro discorsi, sono roba buona solo per l’ingenua, stupida plebe. E’ così che si ricostituisce il sistema feudale della Casta, sconfitto dai liberi Comuni italiani seicento anni prima che lo facessero i Francesi con la loro rivoluzione. Non sarà un caso che i Comuni italiani avessero norme rigorose, ancorché applicate con grande difficoltà (solo la Repubblica di Venezia ci riuscì sempre e bene), per impedire che i cittadini si dividessero in partiti, perché sapevano che la lotta tra i partiti avrebbe gettato la città nella povertà e che la vittoria di un partito sugli altri avrebbe significato la perdita della libertà. Sia detto per inciso: solo grazie a ciò il Nord Italia ancora oggi è più ricco e evoluto del Meridione, dove le borghesie locali non riuscirono mai a sconfiggere la mafia dei baroni, così come oggi non si riesce a sconfiggere quella moderna fatta, come il feudalesimo medievale, di intrecci strettissimi tra politica, economia e criminalità (la Casta).
Abbiamo fatto questa premessa perché siamo decisamente contrari a una struttura o movimento o coordinamento (quale che sia la sua forma o contenuto), che si costituisca al centro (in alto) per diramarsi verso la periferia (in basso), perché, lo si voglia o no, ciò rappresenterebbe immancabilmente la fondazione di un partito (tutti i partiti si costituiscono al centro per diramarsi dopo in periferia) con le immancabili conseguenze sopra descritte. Solo un ingenuo può pensare che una simile struttura non scatenerebbe le lotte per la conquista del suo controllo. Basta un’occhiata a quello che succede nel blog di Beppe Grillo per sincerarsene: quel blog, che pure non è neanche un partito, è attraversato da scontri durissimi tra persone, che neanche si conoscono, per conquistarne il controllo (simili situazioni le abbiamo avute anche nel nostro meetup senese e, temiamo, in ogni meetup).
Le uniche situazioni, per altro rarissime, in cui il partito o i partiti non rappresentano una minaccia prevaricatrice alla pace democratica e al felice evolversi di una comunità o di uno stato, sono quelle in cui il popolo (non è ovviamente il caso dell’Italia) sia riuscito a mantenere saldamente nelle sue mani il potere sovrano, ossia a salvaguardare il principio per cui la volontà non scende dall’alto (dal centro), ma sale dal basso (dalla periferia): lì non sono i governanti che controllano i governati, ma viceversa. In quelle situazioni, in sintesi, la bilancia del potere pende dalla parte del popolo e non dei politici, i quali risultano per lo più anonimi, ossia a noi sconosciuti (vedi Svezia, Svizzera, Olanda e in genere tutti i paesi a cultura protestante, che di conseguenza sono i più avanzati del mondo senza eccezione alcuna).
Ciò detto la nostra proposta è che i lavori di questo nostro convegno si concludano con la dichiarazione che spetti alle singole realtà locali (comunali?) la costituzione di associazioni o movimenti di tipo politico/culturale che si occupino in totale autonomia del proprio territorio, non escludendo ovviamente l’opportunità di partecipare alla competizione elettorale anche presentando proprie liste civiche. Saranno questi organismi comunali che, con gli stessi propositi di cui sopra, decideranno di federarsi a livello provinciale (nel rispetto del principio “ciascuno padrone a casa sua, ma insieme ci occupiamo del condominio”). Le federazioni provinciali a loro volta, con lo stesso principio e gli stessi propositi, si federeranno a livello regionale e così via fino al livello nazionale e (perché no?) europeo.
Solo così si può tentare di realizzare una struttura in cui non sia il centro (l’alto) a controllare la periferia (il basso), ma viceversa sia la periferia a controllare il centro. Non esistono alternative a questo processo se si vuole evitare la costituzione di un organismo che potremo chiamare come vorremo, ma che di fatto sarà un partito come gli altri e che, come gli altri (nessuno escluso) alla fine ineluttabilmente rappresenterebbe pur esso, come abbiamo cercato di spiegare sopra, la massima minaccia al positivo sviluppo sociale, economico e culturale del Paese. Dopodiché dovremmo inventarci qualche altra cosa per combatterlo, esattamente come stiamo tentando di fare qui ora contro i partiti attuali.
Non vogliamo con ciò dire che siamo contrari a incontri “centralizzati” come quello che stiamo facendo ora (anzi), ma a condizione che siano finalizzati non all’edificazione di strutture o organismi centralizzati di tipo istituzionale, ma esclusivamente a questioni di carattere culturale e anche politico.
A questo ultimo riguardo buttiamo là due idee per i prossimi incontri nazionali.
1. Un incontro da farsi la prima domenica del prossimo maggio a Glarus, piccolo, civilissimo cantone montanaro svizzero di 50.000 anime, in occasione della sessione annuale del parlamento locale composto da tutti i 35.000 elettori (il più grande parlamento del mondo): così toccheremo con mano cosa sia la democrazia diretta.
2. Una conferenza nazionale sulle analogie tra il fenomeno del feudalesimo medievale e quello moderno (la Casta) della cui genesi noi siamo ora testimoni oculari (troppo lungo spiegarlo qui, ma vi assicuriamo che le analogie ci sono e assai inquietanti).
Il progressismo è solo per l’élite occidentale
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di Donatella Di Cesare *
C’era una volta il Progresso. E c’era l’enorme entusiasmo che suscitava:
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