giovedì 9 dicembre 2010

La necessità di pensare l'ecologia in termini soprattutto qualitativo-relazionali

Un nuovo Ecologismo

di Massimo Paupini
Credo che non si preciserà mai abbastanza che il nuovo ecologismo che stiamo vedendo crescere un po' in tutto il mondo, dal Giappone (è di poco tempo fa l'elezione di una ecologista a sindaco di una città di quasi 500.000 abitanti ), al continente sudamericano (Brasile, 20% alle presidenziali, Colombia, il candidato ecologista al ballottaggio ancora alle presidenziali) e ovviamente un po' ovunque nella nostra Europa, dalla Lituania (20%) alla Svezia, alla Francia, alla Germania. addirittura in sorpasso sulla SPD nei sondaggi, ecc., è piuttosto lontano dal vecchio ambientalismo nostrano ed anche dal "neo-ambientalismo" di cui hanno parlato diversi articoli sul Manifesto nelle ultime settimane.

E' lontano perchè in ambedue le versioni si ricava un significato parziale, condivisibile, ma comunque parziale. Mi piace l'espressione con cui indicano in Sud America quello che mi sembra proprio della visione ecologista: bien vivir, vivere bene, stare bene tra gli esseri umani e tra gli esseri umani e la natura: i due aspetti sono assolutamente imprescindibili l'uno dall'altro, per cui i problemi del lavoro, i diritti sociali, i diritti delle donne, delle minoranze, dei diversamente abili, dei migranti, in una parola dei "dannati della terra", sono almeno altrettanto importanti dell'inquinamento ambientale, dei rifiuti, dei problemi energetici..


Questa visione ecologista è comunque ( per fortuna ) assai variegata; si può distinguere tra gli altri un aspetto più quantitativo, "scientifico"( tra molte virgolette ) che si può forse sintetizzare nell'idea di impronta ecologica e che ancora una volta è un aspetto in sè valido, utile, ma parziale e con una impostazione" catastrofista" ( ad agosto abbiamo già consumato le risorse del pianeta di tutto l'anno...se tutti consumassero come gli americani ci vorrebbero cinque pianeti..) che troppo spesso dai tempi del primo rapporto al Club di Roma (i limiti dello sviluppo, 1972) si è rivelato il famoso " al lupo…al lupo" molte volte a sproposito e che fino a tempi recenti ( o forse ancora oggi? ) ci ha appiccicato addosso l'immagine degli ecologisti come profeti di sventure, capaci solo di vedere tutto in negativo e incapaci di proporre soluzioni in positivo. Un'altro aspetto, più simbolico-evocativo, ci porta all'idea che questa società "semplicemente" non ci piace, non solo per la crescita distruttiva senza limiti, ma soprattutto perchè distrugge i rapporti sociali attraverso cui tradizionalmente si dava un senso all'esistenza. Per cui, se anche i grandi problemi socio-economico-ambientali (inquinamento, lavoro, materie prime in esaurimento, ecc.) potessero essere in qualche modo risolti con ipotetiche nuove tecnologie ( come d'altra parte sostengono la maggior parte di illustri pensatori e scienziati, nonchè gli idioti alla G.W. Bush, -" la crescita è la soluzione, non il problema"-) rimarrebbe il nodo cruciale di come ricreare i legami sociali distrutti.

Da qui la necessità di pensare l'ecologia in termini soprattutto qualitativo-relazionali che ci porti a rivedere i "valori" ( termine peraltro, secondo Illich, da usare con le pinze) su cui fondiamo le nostre società e le nostre vite. In questa ottica la visione ecologista porta l'idea di un cambiamento radicale delle attuali società Occidentali o occidentalizzate cui si può tendere utilizzando diverse, parziali ma non contrapposte idee di società, dalla green economy alladecrescita, alla blue economy alle città in transizione, nella fondamentale convinzione che "non esiste il colpo grosso.....l'atto liberatorio che possa aprire la via verso la conversione ecologica: I PASSI DOVRANNO ESSERE MOLTI , il lavoro di persuasione da compiere enorme e paziente" Alex Langer 1994 .

Massimo Paupini (09 - 12 - 2010)

da http://www.gruppocinqueterre.it/node/707

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